Secondo i primi dati, è la pandemia ad aver cambiato il volto delle oltre 363.000 organizzazioni italiane, analizzate in base ad alcuni focus tematici, tra cui l’impegno per le persone fragili e la digitalizzazione. Per l’occasione, il direttore generale Lombardi ha presentato i numeri aggiornati sul registro unico nazionale del Terzo settore
Nel 2021 le istituzioni non profit italiane hanno rilevato un significativo calo del numero dei volontari, ma hanno costruito reti significative con diversi soggetti e utilizzato tecnologie digitali, anche se si tratta perlopiù della connessione internet. Sono questi i principali trend emersi dalla presentazione dello scorso 10 maggio dei primi dati del Censimento permanente delle Istituzioni non profit (qui il link al report con tutti i dati) realizzato da Istat fra marzo e novembre 2022. I dati definitivi saranno rilasciati entro l’anno in corso.
Al centro della rilevazione, alcuni focus tematici che supportano la lettura su quelli che sono “i numeri del non profit”, con oltre 363.000 organizzazioni attive: oltre a quelli già citati - volontariato, reti di relazione e digitalizzazione – si aggiunge quello riferito alle attività svolte nei confronti delle persone più fragili. A commentare i primi risultati del Censimento anche il Direttore generale del Terzo Settore e della responsabilità sociale delle imprese del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Alessandro Lombardi, che per l’occasione ha comunicato gli ultimi dati relativi al registro unico nazionale del Terzo settore.
Secondo l’Istituto nazionale di statistica, a disincentivare l’impegno dei volontari in Italia è stata soprattutto la pandemia: nel 2021, infatti, i volontari attivi nel 72 per cento delle istituzioni non profit italiane erano 4,661 milioni di volontari, il 15 per cento in meno rispetto al 2015 quando erano 5,5 milioni. Di questi, il 57,5 per cento sono uomini e il 42,5 per cento donne.
La maggiore concentrazione si riscontra al Nord Italia e in generale i volontari si trovano soprattutto all’interno delle associazioni. Le istituzioni non profit con volontari operano soprattutto nei settori delle attività culturali e artistiche, sportive, ricreative e di socializzazione. In generale, i volontari operano soprattutto nei settori dell’ambiente (86% delle istituzioni attive nel settore), delle attività ricreative e di socializzazione (85,6 per cento), della filantropia e promozione del volontariato (84,6 per cento), della cooperazione e solidarietà internazionale (83,1 per cento del totale del settore) e dell’assistenza sociale e protezione civile (78,3 per cento).
Tra i dati più significativi emersi dal Censimento, ci sono quelli relativi all’impegno delle istituzioni non profit nei confronti delle persone con disagio sociale. Una istituzione su sette, infatti, si rivolge proprio a loro. L’86, per cento è impegnato in attività rivolte alla collettività in generale (attività diretta ad un vasto pubblico e non a singoli individui), mentre il 13,5 per cento orienta la propria attività ed eroga servizi a categorie di persone con specifici disagi. Anche questo dato risulta in calo rispetto al 2015, quando il numero delle istituzioni impegnate in questo ambito erano il 21,7 per cento. Tra i dati più significativi in questo senso, si segnala che oltre la metà delle Inp orientate al disagio, si dedica alle disabilità fisiche e/o intellettive.
Di particolare nota, le “relazioni significative” con i diversi soggetti che possono essere sia persone fisiche sia soggetti istituzionali quali istituzioni (pubbliche o private), gruppi o imprese, stabilite da 9 istituzioni non profit su 10 (89,3 per cento). Gli stakeholder più coinvolti sono i soci (lo fanno il 70 per cento delle Inp), i volontari (47,4 per cento) e i destinatari delle attività (46,5 per cento); più bassa la quota delle istituzioni che indicano di avere rapporti con i lavoratori retribuiti (14,2 per cento) e con i donatori (10,2 per cento).
Rispetto agli stakeholder istituzionali, il 36,1% delle Inp nel 2021 ha intessuto relazioni con le regioni e gli enti pubblici locali, mentre con altri soggetti come scuole, università ed enti di ricerca hanno dialogato il 15,8 per cento delle Inp. Seguono ministeri, enti, agenzie di stato (10,9 per cento) e aziende sanitarie locali, ospedaliere o di servizi pubblici alla persona (9,3 per cento).
In ambito privato, le Inp hanno costruito reti con altri soggetti del settore (19,9 per cento), enti religiosi (12,2 per cento) e con imprese private (8,1 per cento).
Secondo la rilevazione dell’Istat, nel 2021, il 79,5 per cento delle istituzioni non profit italiane ha utilizzato almeno una tecnologia digitale, in particolare la connessione a internet. Ad utilizzare piattaforme digitali, però, solo tre Inp su 10 (35,5 per cento), mentre il 28 per cento si è avvalso di applicazioni mobile, il 9,8 per cento ha acquistato servizi di cloud computing e il 2 per cento delle Inp digitalizzate ha adottato almeno un dispositivo relativo all’Internet delle Cose (IoT), alla robotica, alla stampa 3D e alla blockchain.
Sono passati 6 anni dall’approvazione del codice del Terzo settore e oltre un anno e mezzo dall’avvio del registro unico nazionale (Runts), uno dei principali strumenti di pubblicità e trasparenza dell’intera riforma. Un processo normativo e culturale i cui primi risultati, secondo lo stesso Direttore generale del Terzo Settore e della responsabilità sociale delle imprese del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Alessandro Lombardi, sembrano riflettere i primi dati emersi dal Censimento promosso dall’Istat.
Per quanto riguarda i numeri, all’8 maggio 2023 gli iscritti al Runts sono in tutto oltre 104.000 enti, di cui quasi 43.000 associazioni di promozione sociale (di cui più di 8.300 nuove iscritte), più di 32.600 organizzazioni di volontariato (di cui più di 2.600 nuove iscritte), oltre 24.000 imprese sociali, oltre 4.100 altri enti del Terzo settore (di cui oltre 3.600 nuovi iscritti), 140 enti filantropici (di cui 137 nuovi iscritti), 74 società di mutuo soccorso (di cui 73 nuovi iscritti) e 31 reti associative.
Su oltre 25.000 domande di iscrizione, sono oltre 14.300 gli enti nuovi iscritti al Terzo settore con un trend mensile di circa 1400 domande al mese. Si contano finora 1.554 provvedimenti di diniego e 4.234 istanze ritirate.
A questi dati si devono aggiungere circa 10.000 posizioni di organizzazioni di volontariato (Odv) e associazioni di promozione sociale (Aps) per cui è ancora pendente il processo di trasmigrazione (verifiche post trasmigrazione).
Su questo tema, si contano 91.853 posizioni trasmigrate, di cui 54.031 sono Aps, 38.184 Odv, per un totale di 65.268 enti iscritti a seguito di trasmigrazione. Di questi, 17.530 per decorrenza termini, 7.831 sono gli enti diniegati e 8.806 le posizioni ritirate.
“Questi dati ci danno alcune informazioni interessanti – ha commentato Lombardi. Innanzitutto, risulta un minor appeal della categoria dell’organizzazione di volontariato rispetto al passato. Questo è legato probabilmente soprattutto ai maggiori vincoli che un’Odv si trova a dover affrontare, in ogni caso compensati da maggiori vantaggi. Si affacciano, inoltre, anche le nuove categorie introdotte dalla riforma del Terzo settore come gli enti filantropici e le reti associative. Alle valutazioni – continua Lombardi – si aggiunge la bontà della scelta del legislatore di lasciare una definizione piuttosto aperta, quella di “Altro ente del Terzo settore” in cui rientra ogni altro ente, oltre quelli già tipizzati, di diritto privato diverso dalle società che presenta le caratteristiche e i requisiti strutturali per essere un ente del Terzo settore. La categoria residuale presenta oltre 4.000 enti, di cui 3.700 di nuova istituzione. Questo significa che abbiamo delle maglie non rigide per recepire la dinamicità del contesto sociale di riferimento e il Terzo settore è un ambiente all’interno del quale possono trovare spazio nuove forme”.
© Foto in copertina di Domenico Scoca, progetto FIAF-CSVnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano"