Quali sono i nodi da sciogliere
Gli enti religiosi hanno da sempre ricoperto un ruolo fondamentale all’interno del Terzo settore. È per questo motivo che il legislatore ha dedicato loro una disciplina speciale per l’accesso ai benefici e ai vantaggi che la recente riforma ha stabilito. Essi infatti, come già previsto nel regime Onlus, possono accedere alla riforma solo parzialmente, mediante la costituzione di un ramo e adottando un regolamento che recepisca le disposizioni del Codice del Terzo settore o del decreto sull’impresa sociale, nonché destinando un patrimonio allo svolgimento delle attività di interesse generale. È inoltre stabilito che gli enti religiosi mantengano le scritture contabili separate. La stessa normativa, infine, stabilisce il necessario rispetto delle finalità di religione e di culto e della struttura degli enti in questione, la quale è disciplinata dall’ordinamento confessionale di riferimento.
La soluzione adottata dal legislatore ha evitato, da un lato, l’esclusione degli enti religiosi dalla riforma del Terzo settore e, dall’altro, l’imposizione agli stessi della necessità di costituire un ente civile ad hoc per poter continuare a svolgere le attività di interesse generale di cui materialmente si occupano. Risulta necessario ricordare fin da subito che la creazione del ramo e il conseguente accesso alla riforma rimane una mera facoltà per gli enti religiosi e non invece un obbligo.
Ad oggi sono numerose le incertezze che ancora caratterizzano l’ingresso nella riforma da parte degli enti religiosi, sia in relazione agli elementi sostanziali del regolamento che alla natura del patrimonio destinato allo svolgimento delle attività previste dalla normativa: sotto questi profili, infatti, il legislatore non si è ancora espresso.
In relazione all’obbligo della tenuta separata della contabilità, invece, poiché era già previsto nella previgente disciplina Onlus, non sorgono rilevanti problemi. La separazione, infatti, assolve ad una pluralità di funzioni, quali evitare commistioni tra la gestione delle attività istituzionali e quella delle attività di interesse generale svolta dall’ente religioso, permettere ai creditori una puntuale conoscenza della situazione patrimoniale e reddituale dell’ente in questione con riguardo all’attività di interesse generale svolta, nonché rendere possibile l’applicazione di alcune norme specifiche del Terzo settore e della disciplina sull’impresa sociale.