Si chiarisce la posizione di questi particolari enti normati per la prima volta grazie alla riforma del Terzo settore. Il ministero del Lavoro in una nota delinea attività esercitabili, rapporto con i regolamenti, forma organizzativa, ruolo delle articolazioni territoriali e relative deroghe
Pubblicata l’attesa circolare del ministero del Lavoro e delle politiche sociali sulla disciplina riservata alle reti associative dal codice del Terzo settore. Molte, e tutte di rilievo, le indicazioni fornite: dalla autonomia statutaria al rapporto tra statuto e regolamenti, dalle attività esercitabili alla forma organizzativa delle reti, passando per il delicato ruolo assegnato alle articolazioni territoriali, che possono adottare, se funzionali alla rappresentanza e agli assetti della rete, le deroghe in materia di diritto di voto, di modalità e limiti delle deleghe di voto, oltre che di competenze dell’assemblea.
Il primo punto affrontato dalla circolare riguarda la forma organizzativa delle reti associative e l’eventuale impatto di questa sulla possibilità di accesso degli enti interessati alla stessa qualifica di rete, come individuata dall’articolo 41 del codice del Terzo settore. Le indicazioni ministeriali al riguardo sono nette e chiariscono che gli enti sono liberi di organizzare i propri assetti organizzativi attraverso le modalità ritenute più opportune e funzionali alla migliore espressione del vincolo associativo, alla vocazione identitaria, al congruo e più efficace sviluppo delle attività tipiche della rete. Insomma, non un modello di rete precostituito dal legislatore, nessuno schema astratto cui riferirsi o adattarsi con improbabili azioni di “riconversione” degli assetti, bensì la valorizzazione in chiave normativa del polimorfismo associativo, quale espressione plastica dell’autonomia statutaria, in cui trovano parimenti cittadinanza, da un lato, il rapporto associativo diretto tra gli enti e, dall’altro, il vincolo di affiliazione tra enti, su cui si incardina il tesseramento unitario degli associati (persone fisiche o enti a loro volta).
Le reti potranno, pertanto, rimanere aderenti al proprio schema identitario organizzativo, come modellato in ragione del patto associativo da cui è causa, e pertanto accanto, ad esempio, alle reti cosiddette “verticali”, dunque strutturate secondo il criterio dei livelli territoriali, continueremo a trovare quelle viceversa “piatte” o a struttura “orizzontale”, per lo più originate dall’aggregazione di enti di secondo livello: il codice le accoglie tutte, perché la sua missione, in questo ambito, non è semplicemente promuovere la creazione di reti, ma valorizzare un fenomeno il cui dato genetico e la cui esperienza corrente gli è largamente anteriore.
Ci si è chiesti a lungo se tra gli elementi di specialità attribuiti dal legislatore alle reti associative vi fosse anche il tema delle attività. In altri termini, se le reti derogassero dal tracciato delle attività disegnato dall’art. 5 del codice, per occuparsi esclusivamente di “altre” attività, connesse al loro ruolo di rappresentanza, coordinamento e promozione degli enti associati (art. 41, co.1, lett. b). La questione era apparsa particolarmente stringente per le reti nazionali, per le quali il codice espressamente stabilisce che possano svolgere, oltre alle proprie attività statutarie, anche quelle di monitoraggio degli enti associati e di promozione e sviluppo delle attività di controllo.
Anche in questo ambito, l’indirizzo ministeriale è chiaro: le funzioni indicate operano nel quadro delle attività individuate, rispettivamente, alle lettere i) – “promozione e diffusione della cultura e pratica del volontariato e delle attività di interesse generale” – ed m) – “servizi strumentali ad Ets resi da enti composti in misura non inferiore al 70% da Ets” dell’art. 5 del codice, ossia delle attività di interesse generale propriamente dette.
Sono queste le uniche attività che la rete può svolgere? Ovviamente no: resta integra la possibilità di affiancare altre attività di interesse generale, come elencate al citato art. 5.
Qual è il ruolo dei livelli intermedi della rete? Una rete dotata, ad esempio, di livelli di presenza e rappresentanza territoriale, con circoli di base affiliati a livelli provinciali, strutture regionali di coordinamento e, infine, l’associazione nazionale, come deve interpretare il proprio assetto alla luce dell’art. 41 del codice?
Anche questo importante capitolo è ben spiegato dalla circolare.
In primo luogo è chiarito che la rete associativa nazionale è giuridicamente ascritta, in questi casi, al solo livello nazionale. Tuttavia le articolazioni territoriali, purché tali individuate nello statuto della rete, ed anche se organizzate come autonomi centri di imputazione di diritti ed obblighi (con codice fiscale autonomo, per intenderci), hanno facoltà di adottare tutte le deroghe previste dalla norma in materia di autonomia statutaria delle reti (commi 8, 9, 10 dell’art. 41), in quanto funzionali all’esercizio della rappresentanza ed alla coerenza degli assetti organizzativi. È conseguente che esse sviluppino sul territorio quelle stesse attività di coordinamento, rappresentanza e promozione che il patto associativo di rete affida loro, e nella misura in cui questo si dispiega.
Infine, le articolazioni territoriali, al pari dei circoli e delle associazioni di base affiliati, concorrono alla determinazione del numero di enti associati alla rete al fine di determinare il numero minimo necessario ad accedere alla qualifica.
Quanto detto vale espressamente anche per gli enti di promozione sportiva e le relative rappresentanze territoriali.
La concorrenza al dato numerico minimo di accesso allo status di rete è riscontrata dal registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) in sede di iscrizione degli enti, che avranno cura di allegare l’attestazione di iscrizione alla rete rilasciata dal legale rappresentante della medesima.
Il sistema di comunicazione al registro imprese cui sono tenute le imprese sociali e le società di mutuo soccorso (diverse da quelle minori o che non gestiscono fondi sanitari integrativi) non prevede, tuttavia, questa informativa. Tali enti, pertanto, in deroga al sistema di comunicazione automatica tra registro imprese e Runts per essi ordinariamente previsto, in caso di adesione ad una rete associativa dovranno provvedere ad una comunicazione autonoma al Runts.
Nel rispetto del principio della libertà associativa, un ente potrà dichiarare al Runts l’adesione anche a più reti, allegando le relative attestazioni di iscrizione: l’adesione dell’ente concorrerà, distintamente, ai limiti dimensionali di ciascuna rete.
Resta fermo che l’eventuale adesione alla rete di enti non del Terzo settore, viceversa, non integra in alcun modo il concorso al requisito dimensionale minimo.
La circolare reca un ulteriore, importante chiarimento in ordine al rapporto tra statuto e regolamenti adottati dalla rete.
È precisato che lo statuto non costituisce l’unico ambito di riferimento delle disposizioni interne dell’ente, come si potrebbe essere portati ad intendere in una lettura restrittiva dell’art. 21, co. 2, del codice, ma è viceversa ragionevole che, in strutture complesse quali le reti, una “quota” del disciplinare complessivo sia devoluta a norme regolamentari, purché ciò sia previsto dallo statuto e questo stabilisca le disposizioni fondamentali in materia organizzativa e di funzionamento.
Nessuna riserva di legge assoluta, quindi, in favore dello statuto, ma una riserva relativa, nella quale trovano spazio le discipline attuative e/o integrative dei dettati regolamentari.
Infine, la circolare si sofferma su due tematiche operative: l’adozione dello statuto standard e/o di quello unico di rete.
Circa il primo dei temi, il ministero precisa che l’eventuale approvazione di uno statuto standard di rete, ai sensi dell’art. 47, co.5, del codice, non impone agli enti aderenti la rete di adottare il medesimo: l’adozione rimane opzionale e non incide, ad esempio, sulla possibilità, per le articolazioni territoriali della rete, di avvalersi delle deroghe di cui ai commi 8-10 dell’art. 41.
Quanto al caso in cui un ente che aderisce alla rete voglia rinunciare a formare un autonomo statuto e adottare e fare proprio lo stesso statuto della rete, il ministero sottolinea che ne ha ampia facoltà, purché nello statuto della rete sia prevista la disciplina esaustiva del livello associativo cui l’ente corrisponde e questo formalizzi la scelta di adozione integrale nel verbale di seduta assembleare in cui essa si è manifestata. Tale verbale, unitamente allo statuto della rete associativa, sarà depositato dall’ente presso gli uffici competenti del Runts.