LE SFIDE PER IL TERZO SETTORE

Con la pubblica amministrazione e dentro al sistema, da un punto di vista organizzativo e negli orientamenti di leadership

Per inquadrare nel modo migliore il tema di come l’amministrazione condivisa costituisca una sfida per il Terzo settore, va in primo luogo affermata la consapevolezza che essa non rappresenta un’espediente amministrativo, un diverso insieme di regole formali applicabile ad un contesto che non muta rispetto al passato. È invece un sistema radicalmente diverso di ruoli, di responsabilità, di relazioni.

Questo cambiamento investe sia il rapporto con la pubblica amministrazione, sia quello tra enti del Terzo settore, e ciò richiede al tempo stesso una diversa cultura organizzativa del Terzo settore coerente con questi cambiamenti.

Con la pubblica amministrazione. Condividere poteri e responsabilità con la pubblica amministrazione significa attrezzarsi per leggere bisogni e ipotizzare risposte convincenti e dunque investire, come singole organizzazioni o come sistema, per essere in grado di elaborare proposte supportate da dati, contributi scientifici, esame di buone prassi nazionali e internazionali. Significa elaborare, insieme all’ente pubblico, strategie di reperimento delle risorse necessarie, cosa che, ancor più della eventuale mobilitazione di risorse proprie dell’ente, evidenzia l’assunzione di piena responsabilità circa la possibilità di mettere in atto quanto insieme definito. Questo ruolo di interesse generale porta il Terzo settore ad essere soggetto attivo non solo nella progettazione e realizzazione di specifici interventi, ma anche e prima ancora nella programmazione, cioè nella lettura dei bisogni e nell’individuazione degli interventi da realizzare; e può portarlo, tanto nel momento della co-programmazione che in quello della co-progettazione, a presentare di propria iniziativa proposte di attivazione di tavoli di lavoro, non certo sotto forma di mere richieste di principio, ma basandole su circostanziati lavori di analisi e approfondimento che le giustificano. Di qui la necessità di investire sulla capacità di ricerca e analisi e di stabilire alleanze con centri studi e università.

Dentro il Terzo settore. L’assunzione di responsabilità pubbliche che caratterizza l’amministrazione condivisa porta con sé la necessità di un rapporto radicalmente diverso anche nel Terzo settore. Nel momento in cui non si lavora per l’affermazione della propria organizzazione, ma per una finalità di interesse generale, è conseguenza naturale, in una strategia di intervento avanzata, cogliere l’importanza di costruire alleanze ampie e articolate, capaci di integrare le vocazioni delle imprese sociali, delle associazioni e del volontariato per un obiettivo condiviso. Tutto ciò ha origine e causa fondamentalmente diversi da quelli che già da tempo portano alla formazione di “cordate” per rispondere ai bandi pubblici: non si tratta di aggregarsi per sopraffare la concorrenza, ma di assumere l’ottica dei bisogni del territorio chiamando a raccolta tutte le risorse utili a rispondervi.

È chiaro che questa prospettiva potrebbe non risultare così semplice per un Terzo settore che ha ereditato un sistema di relazioni frutto di anni improntati alla competizione, che ha reso spesso gli enti del Terzo settore ostili l’uno verso l’altro e ha portato a considerare l’ente pubblico come controparte. È dunque necessario ragionare sulle sfide e sui cambiamenti con cui il Terzo settore deve confrontarsi e che riguardano sia le scelte organizzative, sia gli orientamenti della leadership.

Rispetto alle scelte organizzative, si tratta di destinare energie e risorse a funzioni orientate alla collaborazione anziché alla competizione. Già si è detto della necessità di approfondire le funzioni di studio ed elaborazione necessarie ad adeguare la propria capacità di avanzare efficacemente proposte, cosa perseguibile da una parte con lo sforzo di ciascuna organizzazione, dall’altra attribuendo un ruolo in tal senso a soggetti di secondo livello. L’altro aspetto riguarda l’investimento sulle funzioni di rete e di connessione, senza dare per scontato che la collaborazione si instauri e funzioni senza uno sforzo adeguato.

Ciò richiede orientamenti di leadership diversi da quelli “muscolari” stimolati in questi anni dal mercato, che hanno reso il Terzo settore propenso a rappresentarsi in termini dimensionali, di crescita di valori economici e di persone coinvolte, di leadership territoriale e di settore, come testimoniato dalle espressioni comparative spesso utilizzate nella comunicazione esterna (ad esempio espressioni quali “la più grande organizzazione…”). Si tratta al contrario di pensare ad un Terzo settore capace di qualificarsi per la sua capacità di creare ponti, integrazione tra le risorse di ciascuno, legittimazione dell’azione altrui, ecc. e che in ciò trovi la sua forza. Si tratta di un passaggio tutt’altro che scontato e su cui le organizzazioni di secondo livello e i leader dovranno impegnarsi a fondo.

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