I benefici diretti e indiretti della collaborazione tra enti pubblici e Terzo settore
Quali sono le buone ragioni per cui è vantaggioso orientarsi verso l’amministrazione condivisa?
In una società attiva, sostenuta e riconosciuta dalle istituzioni, si vive meglio. La prima risposta non può che rimandare ad una concezione sociale che, nell’opinione di molti – e in coerenza con il dettato costituzionale – appare come valore intrinseco, da perseguire in ultima analisi in coerenza con una visione di società in cui riteniamo di poter vivere meglio. Secondo questa concezione, richiamabile alla dottrina della sussidiarietà, è meglio vivere in una società dove i cittadini si attivano e si organizzano per perseguire il bene comune all’interno di un quadro di norme e in collaborazione con le istituzioni, piuttosto che in una dove essi attendono passivamente un aiuto; e dove vi sono soggetti organizzati – gli enti del Terzo settore – che assumono questo ruolo di interesse generale, è doveroso che le istituzioni ne riconoscano il valore, sostenendoli e aiutandoli. L’amministrazione condivisa corrisponde a questa idea di società, valorizzando l’apporto del Terzo settore ed equilibrandolo con le responsabilità istituzionali.
La collaborazione è una strada più efficace nei settori di interesse generale. Un secondo tipo di risposta si colloca invece entro una strategia che storicamente, nel nostro paese, si è affermata nel welfare ma che può senza dubbio essere riferita a tutti i settori di interesse generale. È infatti un dato culturale ampiamente condiviso che per ottenere risultati sociali apprezzabili sia necessario “fare rete”, “fare sistema”, “creare sinergie”, ecc.: tutte espressioni, che rimandano ad un insieme di attori che cooperano tra loro per una finalità comune. Solo la perdurante ideologia di mercato che ha caratterizzato l’ultimo trentennio ha impedito di vedere la contraddizione tra tale convinzione consolidata e un sistema di relazioni forzatamente orientato al controinteresse (tra pubbliche amministrazioni acquirenti e Terzo settore fornitore) e alla competizione (tra enti del Terzo settore); anche nei casi in cui pure si ravvisava l’opportunità di un’impostazione collaborativa, non vi era adeguata consapevolezza della sua percorribilità giuridica. Oggi una valutazione più equilibrata di questi aspetti ci permette di apprezzare la costruzione, grazie all’amministrazione condivisa, di sinergie estese, impensabili in un panorama di competizione di mercato.
La competizione ha costi nascosti che spesso non consideriamo. Pensare ai vantaggi dell’amministrazione condivisa richiede anche di avere una corretta considerazione dei costi spesso nascosti della competizione (vedi per approfondimenti questo articolo). La distruzione delle propensioni collaborative indotte dalla concorrenza; la scelta di un singolo interlocutore anziché la messa a sistema delle eccellenze di tutti coloro che potrebbero meglio rispondere ai bisogni; i costi imponenti e i rallentamenti legati ai contenziosi che si originano nei procedimenti basati sulla competizione; i costi – ampiamente noti agli economisti e immediatamente evidenti a coloro che operano nel welfare – che si generano quando i meccanismi di mercato sono applicati a settori con alta asimmetria informativa, dove cioè è oggettivamente difficile e oneroso verificare i termini del servizio reso, con la conseguenza di scaricare le conseguenze dei comportamenti opportunistici sull’anello più debole (lavoratori sottopagati, cittadini che non ricevono il servizio pattuito, ecc.), con il noto effetto secondo cui “la moneta cattiva scaccia quella buona”: fornitori spregiudicati che “tirano sul prezzo” e promettono molto su carta facendo assai meno nella pratica, tendono ad avvantaggiarsi sulle esperienze di Terzo settore migliori, che puntano sulla qualità risultando di conseguenza più costosi. Tutto ciò non comporta di per sé che la competizione sia sempre negativa; semplicemente ci invita oggi – cosa che ieri, in tempi di ideologia di mercato, non si faceva – a scegliere tra collaborazione e competizione in modo avveduto e con maggiore consapevolezza degli effetti indesiderati che la competizione porta con sé; e quindi a ricordare, nel momento in cui si constatano le fatiche dei procedimenti collaborativi (vedi il capitolo “I rischi dell’amministrazione condivisa”) in termini di onerosità del procedimento collaborativo, che l’alternativa basata sulla competizione non è affatto priva di controindicazioni: semplicemente molti enti del Terzo settore hanno interiorizzato come “necessari” i tempi e i costi della competizione così che essi non sembrano più tali.
La collaborazione genera benefici anche indiretti rilevanti. A fronte di queste conseguenze della competizione, la collaborazione porta con sé vantaggi speculari: favorisce l’emersione di un sistema di soggetti locali collaborativi, che potranno rimettere in gioco anche in occasioni successive il capitale fiduciario costruito; favorisce il coinvolgimento esteso anche di soggetti spesso estranei all’interesse generale quali imprese, singoli cittadini, ecc.; valorizza il meglio di ciascuno, senza che la presenza di un partner porti all’esclusione del contributo di altri soggetti; favorisce un arricchimento delle risorse di partenza, aggiungendo a quanto messo a disposizione dall’amministrazione altre risorse offerte o più spesso reperite con l’apporto del Terzo settore, in ottica di corresponsabilità sugli obiettivi condivisi; porta ad interventi meno settoriali che, grazie ai contributi e ai punti di vista diversi che si confrontano sui tavoli, tendono a portare a risultati innovativi e più aderenti ai bisogni reali delle persone (e non modellati a forza sulle ripartizioni amministrative dell’ente pubblico); consente forme di flessibilità e di progressiva revisione del progetto iniziale sconosciute agli strumenti basati sulla competizione.
Va poi registrato come le buone esperienze di collaborazione portino i soggetti coinvolti, sia pubblici che del Terzo settore, a ritrovare il senso del proprio lavoro, talvolta offuscato, nel corso del tempo, dalle dinamiche competitive che portano a distorcere gli obiettivi e ad inquinare le relazioni: il fatto di ritrovarsi in contesti autenticamente collaborativi a ragionare e operare per il bene comune rappresenta per molti un ideale che dà senso e rinforza la motivazione, spingendo tutti, in un circolo virtuoso, ad impegnarsi ulteriormente.