Un’analisi sulla destinazione d’uso dei locali a partire dal caso concreto del ricorso al Tar dell'Abruzzo da parte di un’associazione di promozione sociale contro il divieto del Comune di proseguire l’attività di sosta camper in un’area di proprietà pubblica
Articolo di approfondimento (1 di 3) pubblicato su Welforum.it il 3 febbraio 2022
Quando si pensa ai rapporti di collaborazione tra enti pubblici ed enti del Terzo settore (Ets) è immediato riferirsi agli istituti giuridici contemplati negli artt. 55 e seguenti del dlgs n. 117/2017 (Codice del Terzo settore – Cts), al cui approfondimento e analisi Welforum ha dedicato e dedicherà ampio spazio.
È invece meno immediato immaginare che detti rapporti cooperativi possano realizzarsi anche attraverso l’utilizzo e la valorizzazione delle proprietà e dei beni pubblici, che per vero possono trovare proprio negli enti non profit “alleati strategici”. Essi possono essere in grado infatti di formulare proposte progettuali per un uso più efficace, efficiente, sostenibile e, soprattutto, finalizzato a promuovere inclusione e coesione sociale, che ricomprendono, in taluni casi, anche l’inserimento socio-lavorativo di persone fragili.
È noto che nel nostro Paese una larga parte del patrimonio pubblico si trovi in uno stato di precarietà e di abbandono, per fronteggiare il quale si richiedono non soltanto ingenti sforzi economici e finanziari, ma spesso progetti credibili e di pubblica utilità. Progetti, proposte e interventi che possono essere elaborati e gestiti dagli enti del Terzo settore, anche in forma aggregata.
In questo contesto, può essere collocato l’art. 71 del Cts, che dedica specifiche disposizioni orientate a supportare il coinvolgimento degli enti non profit nell’utilizzo, gestione e valorizzazione dei beni pubblici.
Nel primo comma dell’art. 71 si legge: “1. Le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.”
Proviamo a capire la portata applicativa della disposizione contenuta nel comma citato.
In primo luogo, occorre evidenziare che le sedi e i locali che gli enti del Terzo settore utilizzano devono essere finalizzati allo svolgimento delle loro attività istituzionali. Queste ultime contemplano, di regola, tra le altre, attività quali le riunioni degli organi sociali, iniziative di diffusione e conoscenza delle attività dell’ente non lucrativo, la gestione delle attività necessarie per il conseguimento degli scopi statutari, escludendo – come da espressa previsione della disposizione su richiamata – le attività di tipo produttivo. Queste ultime attività non sono di facile identificazione nell’ambito degli interventi degli enti del Terzo settore, in considerazione della legittimità per i medesimi di svolgere anche attività di natura economico-imprenditoriale al fine di perseguire le finalità di interesse generale che l’ordinamento riconosce quale specifica mission delle organizzazioni non profit. Si può tuttavia ipotizzare che la sede dell’associazione / fondazione ovvero i locali utilizzati dagli enti non profit non ospiti un’attività di tipo produttivo quando essa esclude, per esempio, la produzione di pasti ovvero un laboratorio di trasformazione di manufatti, ancorché finalizzato all’impiego di persone con disabilità. Infatti, le attività citate, al netto di altre considerazioni che in questa sede non è possibile svolgere, richiedono l’adempimento di specifiche normative e prescrizioni, altre e ulteriori rispetto a quelle cui gli enti non profit sono chiamati ad osservare per e nell’utilizzo dei locali e delle proprie sedi nello svolgimento delle attività non produttive.
In secondo luogo, il Cts ha inteso favorire l’azione degli Ets prevedendo che le sedi e i locali dagli stessi utilizzati non incontrano alcun limite di destinazione nel perimetro disegnato dal decreto citato, che regola i limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e i rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive ai fini della definizione ovvero revisione dei piani urbanistici. Sebbene la previsione possa apparire prima facie astrusa ovvero di difficile decifrazione, essa rappresenta una interessante previsione del Cts, anche in questo caso permeato da quel principio di sussidiarietà sul quale principalmente si regge l’intero impianto della riforma del Terzo settore.
Per comprenderne la portata, ci aiuteremo con un caso concreto, che ha contribuito a chiarire la portata del termine “locali” che possono essere utilizzati dagli enti di Terzo settore. Un’associazione di promozione sociale, che svolgeva prevalentemente attività di tipo culturale-ricreativo, in virtù di un contratto di locazione con il comune, forniva ai camperisti la possibilità di sostare su un’area di proprietà pubblica. Ad un certo punto, il comune comunicava all’associazione il divieto di prosecuzione dell’attività di sosta dei camper in quanto sull’area sarebbe stata posta una struttura ricettiva all’aria aperta e che l’area sarebbe ricaduta all’interno di un più ampio comparto destinato a parcheggi in attuazione del vigente Piano regolatore Generale.
L’associazione di promozione sociale (Aps) allora proponeva ricorso avanti al tribunale amministrativo regionale invocando l’illegittimità del provvedimento in parola per i seguenti motivi:
Con ordinanza dell’11 maggio 2018, n. 114, il Tar Abruzzo ha accolto la domanda cautelare “ritenuto, ad una valutazione comparativa degli interessi che, allo stato, appare prevalente l’interesse alla prosecuzione dell’attività di ospitalità di camper, tenuto conto dell’avvio della stagione turistica”.
Successivamente, con la sentenza n. 519 del 25 ottobre 2019, il Tar Abruzzo ha accolto il ricorso dell’Aps statuendo quanto segue:
I giudici amministrativi hanno inoltre segnalato che il comune non ha contestato che il camping “non avesse i requisiti per essere considerato come associazione di promozione sociale o che li avesse persi per non aver ottenuto l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore (art. 4, comma 1, del dlgs 117/2017). In altri termini, il comune non ha contestato che la ricorrente svolgesse attività di interesse generale ovvero attività turistica di interesse sociale.
Alla luce di quanto sopra premesso, il Tar ha riconosciuto che il provvedimento comunale gravato era illegittimo “per violazione della fonte normativa gerarchicamente superiore (art. 32, comma 4, della legge n. 383 del 2000 e art. 71 del dlgs 117/2017), laddove pretende, per l’utilizzo dell’area in questione, di applicare la norma di natura regolamentare (art. 17 delle norme tecniche di attuazione del Prg), che impone il piano di lottizzazione privato di cui all’art. 23 della legge 18/83, con il rispetto della viabilità e dei parcheggi e degli altri spazi pubblici previsti all’interno delle singole perimetrazioni.”
Il Tar, accogliendo il ricorso dell’Aps, ha riconosciuto che il comune avrebbe dovuto considerare l’area sede del camping come compatibile con tutte le destinazioni d'uso omogenee e ha respinto, conseguentemente, l’interpretazione di parte comunale secondo cui solo i “locali” e non le “aree” beneficerebbero del regime agevolativo e derogatorio alla disciplina urbanistica in materia di destinazioni d’uso prevista dall’art. 71 Cts.
Il caso esaminato ha dunque riconosciuto che l’art. 71 rappresenta una modalità di valorizzazione e promozione delle attività svolte dalle Aps, nel caso di specie, nella promozione turistica locale e, in ultima analisi, è espressione di quel principio di sussidiarietà contenuto nell’art. 118 u.s. Cost., secondo cui lo Stato e gli enti locali sostengono, coinvolgono e promuovono la libera iniziativa dei cittadini che si riuniscono per realizzare finalità di interesse generale. La sentenza del Tar Abruzzo ha anche il pregio di ribadire il necessario e funzionale collegamento tra spazi in uso agli enti del terzo settore, attività dagli stessi svolti e le finalità di interesse generale che attraverso quelle attività le organizzazioni non profit sono chiamate a perseguire.
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© Foto in copertina di Andrea Marcuz, progetto FIAF-CSVnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano"