La Riforma in pillole

Le principali novità

  • La riforma del terzo settore norma in un solo testo tutte le tipologie di organizzazioni denominate “enti del Terzo settore (Ets)”. Nasce, così, una definizione comune per soggetti diversi, dalle piccole organizzazioni, le reti nazionali, dalle cooperative sociali agli enti filantropici.
  • Si tratta di associazioni, fondazioni o altri enti di carattere privato diverso dalla società, che svolgono una o più attività di interesse generale (un elenco di 26 aree di intervento centrali per la vita delle comunità) in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, accomunati dall’iscrizione al registro unico nazionale del terzo settore (Runts) e che perseguono finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale senza scopo di lucro.
  • Sono 7 le nuove tipologie: organizzazioni di volontariato (Odv); associazioni di promozione sociale (Aps); imprese sociali (incluse le attuali cooperative sociali); enti filantropici; reti associative; società di mutuo soccorso; altri enti.
  • Viene definito un confine preciso, quindi, che lascia fuori soggetti come le amministrazioni pubbliche, le fondazioni di origine bancaria, i partiti, i sindacati, le associazioni professionali, di categoria e di datori di lavoro. Per quanto riguarda gli enti religiosi, il Codice si applicherà limitatamente ad alcune attività di interesse generale e con regole ad hoc.
  • Al centro del terzo settore, lo svolgimento di attività di interesse generale, un elenco, aggiornabile, che mette ordine nelle attività consuete del non profit (dalla sanità all’assistenza, dall’istruzione all’ambiente) e ne aggiunge alcune emerse negli ultimi anni (housing, agricoltura sociale, legalità, commercio equo ecc.).
  • Il registro unico nazionale del terzo settore (Runts) è un’altra delle principali novità che andrà a sostituire i registri territoriali. Il Runts avrà sede presso il Ministero delle Politiche sociali ma sarà gestito e aggiornato a livello regionale.
  • Vengono istituiti presso il Ministero, il Consiglio nazionale del Terzo settore, nuovo organismo di una trentina di componenti (senza alcun compenso) che sarà tra l’altro l’organo consultivo per l’armonizzazione legislativa dell’intera materia, e la Cabina di regia, con funzione di coordinamento delle politiche di governo.
  • Centrale il ruolo del volontariato negli Ets, che diventa elemento caratterizzante di tutto il sistema. Un intero capitolo del codice del terzo settore è dedicato proprio alla sua promozione, un impegno per tutta la società a partire dalla pubblica amministrazione.
  • Diventare Ets implica il rispetto di una serie di obblighi su democrazia interna, trasparenza, rapporti di lavoro, assicurazione dei volontari, destinazione di eventuali utili, a fronte di esenzioni e vantaggi economici e fiscali, anche sotto forma di incentivi. Previsti, ad esempio, risorse per il nuovo Fondo progetti innovativi, ma anche strumenti finanziari dedicati con i Titoli di solidarietà e agevolazioni come il Social bonus.
  • Riconosciuto e normato anche il rapporto tra pubblica amministrazione ed enti del Terzo settore, coinvolgendo attivamente quest’ultimi nella programmazione e nella gestione di servizi. Beni mobili e immobili, inoltre, potranno essere ceduti senza oneri alle associazioni per manifestazioni o in comodato d’uso gratuito come sedi o a canone agevolato per la riqualificazione.
  • La riforma riconosce e potenzia il ruolo del Centri di servizio per il volontariato (Csv) che diventano 49 e allargano la propria platea di riferimento offrendo servizi a tutti i “volontari negli Enti del Terzo settore”, e non più solo con quelli delle organizzazioni di volontariato definite dalla legge 266/91.
  • La riforma rilancia il ruolo strategico delle imprese sociali, ribadendo l’importanza del Terzo settore quale motore strategico di una nuova economia, responsabile e solidale.
  • Nuove regole anche per il 5 per mille, storico strumento di sostegno del non profit, che si apre a tutti gli enti del Terzo settore iscritti al registro unico nazionale, snellendo alcune procedure burocratiche, accelerandone i tempi di erogazione e modificandone le soglie minime.
  • Il Servizio civile diventa universale con un apposito decreto, riorganizzato nella sua governance, rappresentanza, sistema di finanziamento e organizzazione.
  • Tra le novità, la nascita della Fondazione Italia Sociale, come fondazione di partecipazione senza scopo di lucro, per il finanziamento delle attività degli enti del terzo settore utilizzando risorse private.

La storia

Il grande “riordino” della normativa che interessa il terzo settore nasce dall’esigenza di riconoscimento di una parte delle organizzazioni non profit italiane impegnate nella tutela del bene comune e a sostegno della comunità. Le richieste sono quelle di regole precise e del superamento della frammentazione legislativa che ha caratterizzato per decenni le tante organizzazioni impegnate nel sociale.

Questo processo nasce in un periodo di crescita importante del non profit in Italia, sia in termini numerici che economici, una fase caratterizzata da grande fiducia e aspettative nei confronti del terzo settore.

L’idea di una riforma che metta ordine alle molteplici normative di settore e dare un quadro generale di riferimento, è stata lanciata nel 2014 dall’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Ad accompagnarla, la pubblicazione delle “Linee guida per una riforma del terzo settore” e una consultazione online, che ha raccolto migliaia di commenti e di proposte sia da parte di organizzazioni del terzo settore che di singoli cittadini.

Il disegno di legge delega è stato discusso per diversi mesi, fino alla sua pubblicazione in prima lettura nel 2015. La firma definitiva è arrivata nell’estate del 2016 con la Legge delega  n. 106 del 6 giugno 2016, anche se l’approvazione dei decreti attuativi, vero cuore della riforma, slitta di un altro anno.

Tra marzo e settembre 2017, sono stati pubblicati i 5 decreti capisaldi (i primi quattro legislativi, il quinto del presidente della Repubblica): il 6 marzo il dlgs n. 40 che istituisce e disciplina il Servizio civile universale, il 3 luglio escono sia il dlsg n. 111 sul 5 per mille che l’atteso dlgs n. 112 che revisiona le regole per le imprese sociali, realtà imprenditoriali già disciplinate da una loro normativa ma che non avevano ancora trovato grande spazio di crescita nel Paese. Il 28 luglio, è stato pubblicato il decreto del Presidente della Repubblica che disciplina la Fondazione Italia Sociale, istituita proprio con la riforma.

Al centro di questo grande riorganizzazione, c’è il codice del Terzo settore, il decreto legislativo n. 117 approvato il 3 luglio 2017, composto da 104 articoli che sanciscono il perimetro, i soggetti coinvolti, le regole di funzionamento, il regime fiscale, gli spazi di coordinamento normativo e decisionale, di questo sistema sociale ed economico.

Previste nelle scritture iniziali anche la pubblicazione di un decreto legislativo per la modifica della parte del Codice civile riguardante le organizzazioni senza scopo di lucro, mai uscito per decisione del governo, e un altro decreto su “vigilanza, monitoraggio e controllo” degli enti di terzo settore, mai pubblicato.

Il nuovo impianto abroga diverse normative, tra cui due leggi storiche come quella sul volontariato (266/91) e quella sulle associazioni di promozione sociale (383/2000), oltre che buona parte della “legge sulle Onlus” (460/97).

La riforma prevede oltre 40 decreti attuativi, gran parte dei quali oggi adottati, per renderla pienamente funzionante e mette mano a tutti gli aspetti che definiscono il terzo settore: dalle regole della vita associativa a quelle amministrative, dagli obblighi di trasparenza e rendicontazione alle agevolazioni fiscali, dal ruolo del volontariato al rapporto tra terzo settore e pubblica amministrazione, ma anche le opportunità di finanziamento, la nuova impresa sociale, il servizio civile universale e i centri di servizio per il volontariato.

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