Il patrimonio è il complesso dei beni, mobili o immobili, che l’ente del Terzo settore (Ets) possiede.
Il patrimonio degli enti del Terzo settore è utilizzato per lo svolgimento dell’attività statutaria esclusivamente per perseguire le sue finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. È vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione, fondi e riserve a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo.
In caso di estinzione o scioglimento, il patrimonio residuo è devoluto, previo parere positivo dell’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) territorialmente competente, e salva diversa destinazione imposta dalla legge, ad altri enti del Terzo settore secondo le disposizioni statutarie o dell’organo sociale competente o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale.
A tal fine, l’ente deve presentare richiesta con raccomandata a/r o con analoghi mezzi digitali al registro unico nazionale del Terzo settore (Runts), i cui uffici devono rendere un parere entro 30 giorni dalla data di ricezione della richiesta; decorso tale termine, il parere si intende reso positivamente.
Gli atti di devoluzione del patrimonio residuo compiuti in assenza o in difformità dal parere sono nulli. Inoltre, in caso di devoluzione del patrimonio residuo effettuata in assenza o in difformità al parere dell’ufficio del Runts territorialmente competente, i rappresentanti legali e i componenti degli organi amministrativi degli enti del Terzo settore che hanno commesso la violazione o che hanno concorso a commettere la violazione sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro.
Nel caso dell’impresa sociale, il patrimonio – dedotto, nelle imprese sociali costituite in forma di società, il capitale sociale effettivamente versato dai soci – è devoluto, salvo quanto specificamente previsto in tema di società cooperative, ad altri enti del Terzo settore costituiti ed operanti da almeno tre anni o ai fondi per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali, secondo le disposizioni statutarie.
Gli enti del Terzo settore dotati di personalità giuridica e iscritti nel registro delle imprese possono costituire uno o più patrimoni destinati a uno specifico affare.
In questo caso si applica la disciplina generale del codice civile, in forza della quale dei debiti contratti per realizzare lo specifico affare risponde unicamente il patrimonio a esso destinato (quindi non l’intero patrimonio dell’ente). Inoltre, lo stesso patrimonio destinato è aggredibile dai soli creditori dei debiti contratti per realizzare l’affare (quindi non dagli altri creditori dell’ente).
Nelle associazioni di Terzo settore la costituzione di un patrimonio destinato rende necessaria la nomina di un organo di controllo e di un revisore legale dei conti.
In presenza di un requisito patrimoniale minimo, pari a 15.000 euro per le associazioni e a 30.000 euro per le fondazioni, l’ente del Terzo settore può richiedere la personalità giuridica.
Il patrimonio può essere costituito anche da beni non monetari: in questo caso, affinché tali beni concorrano alla formazione del patrimonio minimo, è necessario che il loro valore risulti da una relazione giurata, allegata all’atto costitutivo o al verbale contenente la decisione di acquisizione della personalità giuridica se l’ente è già esistente, di un revisore legale o di una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro.
Quando risulta che il patrimonio minimo è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, l’organo di amministrazione e, nel caso di sua inerzia, l’organo di controllo (se presente), devono convocare l’assemblea per deliberare (nel caso si tratti di un’associazione) oppure deliberare direttamente (nel caso si tratti di una fondazione) la ricostituzione del patrimonio minimo oppure la trasformazione, la prosecuzione dell’attività in forma di associazione non riconosciuta, la fusione o lo scioglimento dell’ente.
CASI SPECIFICI
Le imprese sociali, in casi particolari, possono destinare eventuali utili ed avanzi di gestione a finalità diverse dallo svolgimento dell’attività statutaria o dall’incremento del patrimonio.
Gli enti religiosi civilmente riconosciuti, per accedere alla normativa del codice del Terzo settore, devono costituire un patrimonio destinato per le attività di interesse generale e devono tenere separatamente le scritture contabili.
Agli enti religiosi civilmente riconosciuti in possesso della qualifica di impresa sociale non si applica l’obbligo di devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento ad altri enti del Terzo settore costituiti ed operanti da almeno tre anni o ai fondi per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali.
Gli atti costitutivi degli enti filantropici devono indicare i principi ai quali essi devono attenersi in merito alla gestione del patrimonio, alla raccolta di fondi e risorse in genere, alla destinazione, alle modalità di erogazione di denaro, beni o servizi, anche di investimento, a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse generale.
Quanto alla destinazione del patrimonio, la riforma ha introdotto la possibilità per le imprese sociali di redistribuire in parte gli utili.
Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 “Codice del Terzo settore”: art. 8, 9, 10, 38, 91
Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112 “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale”: art. 12 comma 5
La normativa concernente gli Ets in generale è entrata in vigore il 3 agosto 2017, mentre quella sull’impresa sociale il 20 luglio 2017.
La scheda è aggiornata a luglio 2023.