La procedura porterà a una riorganizzazione con 49 centri in tutta Italia, un lungo percorso che ha visto già alcune fusioni previste dalla riforma del terzo settore, definite in base al rapporto tra strutture e numero di abitanti. Ecco la nuova mappa
Entra nel vivo la procedura per il nuovo accreditamento e la riorganizzazione territoriale dei Centri di servizio per il volontariato prevista dalla riforma del terzo settore. La procedura è divisa in due fasi. L’Organismo nazionale di controllo (Onc) ha inviato ai Csv la modulistica per la “manifestazione di interesse all’accreditamento”. I centri dovranno compilarla entro il 15 luglio 2019, candidandosi alla prosecuzione della gestione del Csv in base a quanto previsto dal Codice.
Sono quattro gli elementi principali che saranno considerati in questa prima fase: la forma giuridica; le previsioni dello statuto; l’adeguatezza gestionale (andranno presentate tra l’altro le linee progettuali sull’erogazione dei servizi e sulla rendicontazione); la rappresentatività degli enti candidati, espressa anche dal numero e dall’esperienza degli enti associati (oggi sono oltre 9 mila in totale gli enti di terzo settore che partecipano alla gestione dei centri).
Esaurita questa prima fase della procedura inizierà la seconda, al termine della quale, dopo ulteriori verifiche, l’Onc deciderà per l’accreditamento finale.
Il nuovo assetto territoriale
Lo scorso ottobre l’Onc, l’Organismo nazionale di controllo ha definito il nuovo assetto territoriale stabilendo che i Csv dovranno diventare 49.
La nuova distribuzione, basata sul rapporto tra strutture e numero di abitanti, ha essenzialmente lo scopo di rendere i centri di servizio più efficienti per svolgere il nuovo ruolo che la riforma del terzo settore assegna loro, quello di “promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari” in tutti gli enti del terzo settore (e non più solo nelle organizzazioni di volontariato individuate dalla abrogata legge 266/91).
Va sottolineato che il nuovo assetto:
Le “fusioni”
In 7 regioni sono previste nel corso di quest’anno 10 fusioni, che coinvolgeranno 25 Csv.
In Liguria saranno uniti i Csv di Imperia e Savona, mentre non cambierà nulla per Genova e La Spezia.
In Veneto i centri passeranno da 7 a 5: si uniranno Belluno con Treviso e Padova con Rovigo; Venezia, Verona e Vicenza restano inalterati.
In Emilia-Romagna si passa da 9 a 4: resterà immutato il Csv di Bologna, mentre saranno uniti Ferrara con Modena, Forlì-Cesena con Ravenna e Rimini, Parma con Piacenza e Reggio Emilia.
In Abruzzo, ci sarà un solo centro regionale come risultato della fusione tra gli attuali 4, coincidenti con le province di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo.
In Puglia ci sarà la fusione tra i Csv di Brindisi e Lecce; nessun cambiamento per Bari, Foggia (entrambi comprendono anche una parte della provincia di Barletta-Andria-Trani) e Taranto.
In Campania quello risultante dalla fusione tra Avellino e Benevento si affiancherà agli attuali Csv di Caserta, Napoli e Salerno.
La Calabria passerà da 5 a 3 Csv: si uniranno Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, niente cambia per Cosenza e Reggio Calabria.
In 11 regioni non vi saranno cambiamenti.
Il Piemonte mantiene i suoi 5 Csv: Asti-Alessandria, Cuneo, Novara e Verbano-Cusio-Ossola, Torino, Vercelli-Biella.
La Sicilia mantiene i suoi 3: Catania (che include anche le province di Enna, Ragusa e Siracusa), Messina, Palermo (che include Agrigento, Caltanissetta e Trapani)
Nelle altre 9 regioni esiste già un centro unico a carattere regionale: si tratta di Valle D’Aosta, provincia autonoma di Trento, provincia autonoma di Bolzano (dove il Csv ha avviato le proprie attività da solo da un mese e dovrà sottoporsi all’accreditamento tramite uno specifico bando), Friuli Venezia Giulia, Molise, Toscana, Marche, Basilicata e Sardegna.
Nelle 3 regioni restanti, 16 centri hanno già concluso il processo di riorganizzazione tra la fine del 2017 e il gennaio 2019.
In Lombardia si è passati da 12 a 6 Csv: Bergamo, Brescia, Insubria (Como-Varese), Lombardia Sud (Cremona, Lodi, Mantova, Pavia), Milano e Monza-Lecco-Sondrio.
Lazio e Umbria (in ciascuna delle quali operavano 2 centri) hanno dato vita a 2 ulteriori Csv regionali.