Agenzia delle entrate, le indicazioni sul taglio dell’Ires per i soggetti non commerciali

Si tratta di un’agevolazione che consente - ad alcuni enti che perseguono finalità sociali - di scontare il 50% dell’imposta sui redditi sulle società

L’Agenzia delle entrate, con la circolare 15 del 17 maggio 2022, ha esaminato il regime fiscale agevolato contenuto nell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 601/1973 nella formulazione attualmente in vigore. Si ricorda infatti che la disposizione è stata abrogata con la legge di bilancio 2019 ma solo a decorrere dal periodo d'imposta di prima applicazione delle nuove misure di favore che saranno adottate nei confronti dei soggetti che svolgono, con modalità non commerciali, attività che realizzano finalità sociali. Il nuovo regime sarà definito nel rispetto dei principi di solidarietà e sussidiarietà, dei vincoli del diritto comunitario e del necessario coordinamento con quanto previsto dal codice del Terzo settore.

In cosa consiste l’agevolazione?

Il contribuente ha diritto a scontare del 50% l’imposta sui redditi sulle società (Ires) dovuta, applicando così l’aliquota del 12% in luogo del 24%. Si ricorda che tale imposta è dovuta non solo dalle società ma anche dagli enti non commerciali quando percepiscono redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva

I requisiti per accedere all’agevolazione ed i redditi a cui si applica

La disposizione si applica nei confronti degli enti, con personalità giuridica, che operano in ambiti tassativamente elencati o che sono riconducibili alle categorie di seguito menzionate, ossia:

  • assistenza sociale;
  • società di mutuo soccorso;
  • enti ospedalieri;
  • enti di assistenza e beneficenza;
  • istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro;
  • corpi scientifici;
  • accademie;
  • fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali;
  • enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione, tra cui vi rientrano gli enti religiosi civilmente riconosciuti;
  • istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro consorzi nonché enti aventi le stesse finalità sociali dei già menzionati Istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione dell'Unione europea in materia di “in house providing” e che siano costituiti e operanti alla data del 31 dicembre 2013.

In via interpretativa è stato però affermato che:

  • devono essere enti non commerciali, ossia enti che non svolgono in via esclusiva o prevalente attività di natura commerciale, fatte salve alcune eccezioni;
  • l’agevolazione si applicherebbe, sempre secondo l’Agenzia delle entrate (che rinvia ad una serie di pronunce della Corte di cassazione e ad un parere del Consiglio di Stato), esclusivamente con riferimento ai redditi connessi all’attività istituzionale di tali enti con conseguente applicazione dell’aliquota ordinaria rispetto ai redditi fondiari, di impresa e diversi. Un trattamento speciale viene riservato agli enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione.

La disposizione per espressa previsione non si applica infine agli enti del Terzo settore, fatta eccezione per gli enti religiosi civilmente riconosciuti che potrebbero optare per tale regime con riferimento alle attività diverse da quelle di interesse generale di cui all’articolo 5 del codice del Terzo settore.

Le agevolazioni in ambito sanitario

L’Agenzia delle entrate nella circolare in commento evidenzia che la norma garantisce il beneficio agli enti ospedalieri ma essendo stati soppressi con la riforma del 1978 ha effettuato una ricognizione delle corrispondenti strutture che li hanno sostituiti per l’erogazione del servizio sanitario pubblico concludendo nei seguenti termini:

  • è confermata l’esclusione dall’agevolazione per le aziende sanitarie locali in quanto svolgono attività che oltrepassano quelle di cura e ricovero e, quindi, non corrispondono a quelle degli ex “enti ospedalieri”;
  • restano fuori anche le case di cura private riconosciute come “presidi ospedalieri”, in contrasto con quanto affermato con la risoluzione n. 179/2009, che, non attribuendo rilievo alla loro natura privata, aveva ricondotto tali istituti agli “enti ospedalieri” in quanto svolgono sostanzialmente e strutturalmente le funzioni dei soppressi enti ospedalieri nell’ambito della rete ospedaliera pubblica del servizio sanitario nazionale;
  • continuano a beneficare dell’aliquota dimezzata, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ivi inclusi gli istituti costituiti in forma societaria, limitando l’agevolazione alle prestazioni di ricovero e cura in convenzione e di ricerca scientifica.

Le fondazioni bancarie

Per quanto concerne le fondazioni bancarie previste dal decreto legislativo n. 153/1999, sono stati superati i dubbi interpretativi ed è stato chiarito che, ai fini della spettanza del beneficio, le fondazioni hanno l’onere di dimostrare il possesso in concreto dei requisiti richiesti dall’articolo 6 del dpr n. 601/1973 e di provare la natura non imprenditoriale dell’attività svolta secondo i criteri della giurisprudenza comunitaria e nazionale.

Enti religiosi civilmente riconosciuti

Beneficiano dell’agevolazione anche gli enti religiosi civilmente riconosciuti in quanto equiparati agli enti con “finalità di beneficenza o di istruzione” ai sensi dell’articolo 7 della legge 25 marzo 1985, n. 121 di ratifica dell’Accordo firmato il 18 febbraio 1984, che apporta modificazioni al Concordato lateranense tra lo Stato italiano e la Santa Sede.

Con riferimento a tali enti l’Agenzia parte dall’assunto che le attività di religione e culto sono svolte a titolo gratuito per cui l’agevolazione deve applicarsi agli altri redditi. Si tratta in particolare di:

  • redditi provenienti da attività “diverse” da quelle di “religione o di culto”, anche se commerciali (in linea con la risoluzione n. 91/2005 e con l’indirizzo della Cassazione), a condizione che le “attività diverse” siano
  • svolte in maniera non prevalente e
  • in rapporto di “strumentalità immediata e diretta” con i fini di “religione o di culto”;
  • redditi fondiari. Con la circolare in commento, superando l’orientamento espresso con la risposta ad interpello 152/2018, l’Agenzia ritiene infatti applicabile l’agevolazione agli enti religiosi civilmente riconosciuti relativamente ai redditi prodotti locando i relativi immobili, ciò a condizione che la valorizzazione degli stessi non presenti i connotati dell’attività di impresa (l’Agenzia annovera come comportamenti che possono ricondurre i ricavi nei redditi di impresa la stipula di contratti di breve durata, la consistenza del patrimonio immobiliare quando accompagnata da una struttura organizzativa dedicata alla relativa gestione, l’adozione di tecniche di marketing per attirare clientela, promozioni volte a fidelizzare il locatario, il ricorso a spot pubblicitari, insegne o marchi distintivi). Si tratta in ogni caso di uno spiraglio condizionato: al di là dell’onere del contribuente di dimostrare che non c’è una attività organizzata dietro alla locazione degli immobili, le relative risorse devono essere utilizzate esclusivamente per la realizzazione delle finalità di religione e di culto. Nel caso in cui l’ente svolga anche altre attività diverse, la destinazione dei proventi alle attività istituzionali dovrà risultare da apposita documentazione.

Le considerazioni sopra riportate si applicano agli enti:

  • con finalità di beneficenza o di istruzione;
  • religiosi civilmente riconosciuti cattolici;
  • religiosi non cattolici.

© Foto in copertina di Antonio Matteazzi, progetto FIAF-CSVnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano"

 

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