Alcune riflessioni sui benefici dell’uso di co-programmazione e co-progettazione tra pubblica amministrazione ed enti del Terzo settore alla luce di una recente delibera della Corte dei Conti secondo cui i beni da assegnare sono in aumento
Articolo di approfondimento pubblicato su Welforum.it il 04 giugno 2024
Sono trascorsi oltre 25 anni dall’approvazione della legge 109/96 sull’uso sociale dei beni confiscati alla criminalità organizzata. I risultati raggiunti dallo Stato sono di grande rilievo: ad aprile 2024 sono circa 20.000 gli immobili confiscati destinati ai Comuni o ad altre amministrazioni e 23.000 quelli ancora da destinare.
Tuttavia, come la Corte dei Conti ha recentemente evidenziato, molto resta ancora da fare affinché questo patrimonio sia adeguatamente valorizzato a fini sociali. È necessario che gli immobili in possesso degli enti locali siano concretamente utilizzati in favore della collettività, principalmente tramite il coinvolgimento delle comunità locali e l’affidamento in gestione ad enti del Terzo settore in grado di elaborare e realizzare progetti efficaci ed utili.
Il raggiungimento di questi obiettivi richiederebbe una riforma del sistema di governance. Sono state avanzate alcune valide proposte la cui trattazione non rientra tra gli obiettivi di questo articolo con il quale si vuole, invece, proporre un tentativo di riflessione sul ruolo che gli strumenti della co-programmazione e della co-progettazione possono avere ai fini di un’efficace attuazione della normativa sulla valorizzazione sociale dei beni confiscati.
Partiamo dal ricordare che:
Come già accennato in precedenza, la Corte dei Conti in una recente delibera (marzo 2023) ha evidenziato che i provvedimenti di sequestro o confisca dei beni della criminalità organizzata sono in continuo aumento e superano costantemente i provvedimenti di riutilizzo. Pertanto, lo stock di beni inutilizzati è destinato ad aumentare.
La Corte individua come principali cause di questo fenomeno:
Oltre alle cause evidenziate dalla Corte, riteniamo opportuno riflettere su altri aspetti che, a nostro avviso, fungono da ostacolo al raggiungimento di validi risultati:
Per comprendere in che modo co-programmazione e co-progettazione possono incidere su alcune delle criticità appena esposte, occorre partire da una considerazione di carattere generale: il codice Antimafia (dlgs 6 settembre 2011, n. 159 e s.m.i), nel disciplinare il complesso iter relativo alla valorizzazione a fini sociali dei beni confiscati, individua come attori cardini: i Comuni e le organizzazioni del privato sociale (associazioni, cooperative sociali, enti e comunità).
In quest’ottica, possiamo affermare che gli strumenti di progettazione partecipata rappresentano una risorsa preziosa, in quanto possono dare metodo e contenuti al rapporto tra attore pubblico ed Ets.
Appare quindi evidente che l’adozione di meccanismi di co-programmazione e co-progettazione può aiutare a superare o quanto meno rendere meno critiche le problematiche evidenziate in precedenza, soprattutto in relazione ad aspetti quali la carenza di informazioni, l’eccessiva focalizzazione sugli aspetti legati alla ristrutturazione del bene, la dimensione localistica ed iper-frammentata degli interventi e la carenza di capacità progettuali.
In particolare, rispetto all’analisi svolta in precedenza, gli strumenti collaborativi possono:
La co-progettazione potrebbe rivelarsi uno strumento molto utile anche laddove si utilizzino fondi pubblici destinati alla ristrutturazione di beni confiscati. Gli attuali strumenti di agevolazione non prevedono alcun coinvolgimento dei potenziali soggetti gestori nella definizione degli aspetti progettuali legati alla rifunzionalizzazione degli immobili, limitandone l’efficacia e costringendo, spesso, il soggetto gestore a utilizzare un immobile non rispondente alle proprie esigenze o a sobbarcarsi l’onere finanziario di ulteriori interventi edilizi.
Occorre inoltre evidenziare che, soprattutto nei territori caratterizzati da un Terzo settore più debole e frammentato, gli enti locali spesso non riescono ad assegnare beni confiscati agli Ets, in quanto nessuno dei soggetti presenti sul territorio ha la dimensione minima necessaria per farsi carico di un impegno così gravoso. Anche in questo caso, la co-progettazione può essere un utile meccanismo per elaborare progetti in grado di coinvolgere una pluralità di Ets nella gestione di un singolo bene.
Al fine di comprendere dal punto di vista procedurale in quale momento possono essere introdotti meccanismi di co-programmazione e co-progettazione, è opportuno soffermarsi brevemente sull’iter di assegnazione di beni confiscati. L’iter che conduce alla gestione di un bene da parte di un Ets può essere suddiviso in 5 fasi, non necessariamente consequenziali:
Nel corso di questo lungo e complesso iter, la co-programmazione potrebbe essere un valido ausilio in fase di elaborazione del regolamento comunale per la gestione dei beni confiscati, mentre la co-progettazione potrebbe precedere, integrare o sostituire l’Avviso di selezione per la concessione del bene immobile, secondo le modalità e gli step previsti dal dm 72/21, illustrate nei precedenti paragrafi.
In conclusione, possiamo affermare che la co-progettazione e la co-programmazione possono risultare utili nell’ambito della valorizzazione dei beni confiscati. Per raggiungere questo obiettivo occorre superare, tuttavia, numerosi ostacoli legati principalmente a tre fattori: un approccio spesso troppo burocratico da parte della pubblica amministrazione, mancanza di competenze specifiche e scarsità di risorse dedicate allo sviluppo di questi percorsi.
Inoltre, crediamo che non relegare questi strumenti al solo ambito dei servizi sociali, estendendoli ad un settore complesso come quello dei beni sottratti alla criminalità, possa aiutare ad una migliore comprensione delle loro potenzialità. È utile sottolineare che “la co-progettazione, nelle coordinate del Codice del Terzo Settore, diventa una procedura che espande gli interventi a campi più larghi dei servizi sociali socioeducativi e di inserimento lavorativo tradizionali e riconcettualizza in potenza il concetto di sociale ampliando sia il terreno di azione che il numero e la tipologia degli attori coinvolgibili” (Luca Fazzi - 2023).
Numerosi studi dimostrano che la coprogettazione funziona laddove esiste un buon livello di accumulazione di capitale sociale. In questa sede vogliamo lanciare una sfida: la co-programmazione e la co-progettazione possono divenire strumenti per creare capitale sociale. In quest’ottica, gli enti locali e gli Ets devono compiere un salto di qualità, andando oltre i ruoli consolidati e assumendo la responsabilità di “agenti di sviluppo” del territorio, affiancati e supportati (anche finanziariamente) dalle strutture amministrative centrali (Anbsc, Dipartimento per le Politiche di Coesione) e dalle Regioni.
Lo sforzo che si richiede ai soggetti coinvolti va oltre gli aspetti procedurali, tuttavia esso risulta necessario, in quanto “la valenza della coprogettazione, prima ancora che tecnica, è eminentemente politica e tale connotazione investe direttamente il ruolo sia del pubblico, sia del terzo settore” (Luca Fazzi - 2023).
Bibliografia
© Foto in copertina di Valerio Tullio, progetto FIAF-CSVnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano"