Co-progettazione, l’Anac approva il percorso del Comune di Bologna

Dopo un’attenta valutazione, per la prima volta l’ente ha riconosciuto la bontà di un percorso di co-programmazione: quello intrapreso per favorire l’evoluzione dei centri sociali per anziani verso Case di Quartiere 

Articolo pubblicato su Welforum.it il 26 ottobre 2020

Riprendiamo questo articolo segnalando che l’autore si è già occupato di co-progettazione (cfr. (cfr. Santuari, 30 giugno 2020 e  Santuari, 15 settembre 2020 su welforum.it), evidenziando come sia nell’interpretazione della Corte costituzionale sia nell’applicazione regionale, l’art. 55 del Codice del Terzo settore abbia cominciato a farsi strada.

Tuttavia, non mancano – come in tutte le applicazioni di norme che si rispettino – le difficoltà. In particolare, si segnala che la vexata quaestio riguarda la configurazione del percorso o meglio della procedura di co-progettazione quale possibile aggiramento delle disposizioni in materia di appalti di servizi sociali.

Questi ultimi sono espressamente disciplinati dalla direttiva 24/2014/UE e dal Codice dei contratti pubblici (d. lgs. n. 50/2016 e successive modificazioni e integrazioni) che, sebbene introducano alcune semplificazioni per questo tipo di servizi, non li escludono dalle procedure ad evidenza pubblica. La ratio iuris su cui si fonda l’assoggettamento di tali servizi alle norme in materia di appalti deve ricercarsi nella natura dell’‘operazione’: trattasi di contratti a prestazioni corrispettive ovvero contratti sinallagmatici in cui l’essenza degli stessi è rappresentata dal fatto che l’erogatore del servizio percepisca un compenso a fronte del servizio o dell’attività resa a favore della pubblica amministrazione che, di norma, è il committente di quel servizio o di quella attività.

Ancorché la sintesi svolta sopra non permette di comprendere tutta la complessità delle procedure ad evidenza pubblica, in questa sede basti considerare che gli appalti si contraddistinguono proprio per rispondere alla seguente esigenza: un ente pubblico intende affidare in gestione un servizio che esprime una propria funzione istituzionale (es. la funzione sociale). In quest’ottica, l’ente pubblico è tenuto ad esperire una procedura aperta o negoziata al fine di individuare, nell’ambito di un sistema di punteggi e di una graduatoria finale, l’operatore economico privato che, in ragione di una proposta economica ed una proposta tecnica, possa ritenersi maggiormente adeguato per realizzare quel servizio o quella attività. L’ente pubblico si assume l’obbligo di liquidare il compenso e l’operatore economico si impegna a realizzare l’opera, il servizio o l’attività nei termini e nei tempi fissati nel bando di gara.

Come è tuttavia noto, vi sono situazioni, bisogni, istanze e urgenze (si pensi, per tutti, a quanto è emerso nel corso della pandemia) che richiedono strumenti diversi dagli appalti, atteso che, da un lato, non si tratta di servizi per i quali la Pubblica amministrazione è in grado di predeterminare tutti gli elementi da inserire nel bando e, dall’altro, non è riscontrabile un corrispettivo da riconoscere al soggetto privato coinvolto. In questa prospettiva, il Codice del Terzo settore ha previsto alcuni istituti giuridici cooperativi e collaborativi, segnatamente, la co-programmazione, la co-progettazione e il convenzionamento (diretto). Si tratta di modalità di partnership tra pubblica amministrazione ed enti non profit il cui focus è il progetto, unitamente alla finalità sociale da perseguire, che può anche non prevedere – come spesso accade in questi casi – il pagamento di un corrispettivo da parte della pubblica amministrazione. Quest’ultima, inoltre, non figura quale soggetto committente in quanto, in forza del principio di sussidiarietà, può agire in quanto sollecitata dagli enti di Terzo settore ovvero può rivolgersi a questi ultimi per definire con gli stessi percorsi e modalità di definizione degli interventi in una delle aree di attività di interesse generale di cui all’art. 5 del Codice del terzo settore.

Nel contesto sopra delineato, si è mosso il Comune di Bologna: allo scopo di individuare un percorso adeguato che permettesse un equilibrato processo di evoluzione dei centri sociali per anziani verso le Case di Quartiere ha attivato le procedure di co-programmazione e co-progettazione, così come previste dall’art. 55, d. lgs. n. 117/2017.

Ritenendo che, al contrario, l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto muoversi nell’ambito del Codice dei contratti pubblici, nel mese di maggio 2020, alcuni consiglieri (regionali e comunali) hanno presentato un esposto all’Autorità Nazionale Anticorruzione, considerando la procedura attivata alla stregua di un affidamento diretto di servizi sociali, come tale contrario alle norme di cui al d. lgs. n. 50/2016 e ai principi comunitari di libera concorrenza, trasparenza ed imparzialità.

A fronte della segnalazione sopra richiamata, l’Anac ha richiesto al Comune di Bologna un dossier che contenesse quanto segue:

  • i riferimenti normativi della procedura adottata;
  • il valore del progetto e la sua durata;
  • lo stato di avanzamento della procedura;
  • se trattandosi di organizzazioni di volontariato o di promozione sociale, fosse previsto il pagamento di un corrispettivo ovvero un rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate;
  • la valutazione effettuata sulla convenienza dell’adozione di tale procedura rispetto al ricorso al mercato, valutazione questa prevista dall’art. 56 del CTS in ordine alle convenzioni con le associazioni di volontariato e di promozione sociale.

Analizzando le richieste formulate al Comune di Bologna da parte di Anac si può evincere come l’Autorità abbia inteso – correttamente – accertare in primis “di che cosa si tratta”, segnatamente, appalto o convenzione, così da sgombrare subito il campo da possibili dubbi interpretativi. È quella utilizzata dall’Anac una “strategia” finalizzata a comprendere, invero, se il Comune – nel caso di specie – avrebbe dovuto seguire la procedura ex d. lgs. n. 50/2016 oppure, se al contrario, gli ex centri sociali per anziani, divenuti Case di Quartiere, in una logica di sussidiarietà orizzontale, si caratterizzino per essere progetti autonomi, il cui valore e funzione sono condivisi dall’amministrazione comunale e, quindi, anche possibile oggetto di contribuzione pubblica attraverso la stipula di una convenzione.

Nella documentazione trasmessa all’Autorità Nazionale Anticorruzione, il Comune ha ribadito che:

  • Trattasi di rapporto gratuito, atteso che non è stato previsto alcun corrispettivo da parte dell’ente pubblico a favore del soggetto privato individuato per la gestione delle Case di Quartiere. Queste ultime devono autofinanziarsi e autosostenersi, dovendosi assumere gli oneri per le manutenzioni ordinarie e per il pagamento delle utenze.
  • Il percorso di co-programmazione e di co-progettazione, così come disciplinati dall’art. 55 del Codice del Terzo settore, hanno avuto lo scopo di “rinnovare l’esperienza dei Centri sociali, intervenendo sui punti di debolezza emersi ma confermando gli elementi identitari del modello”;
  • Le Case di Quartiere, alla luce di quanto sopra espresso, non possono essere ricondotte nella nozione di “servizi sociali” del Comune di Bologna, atteso che manca, in re ipsa, la causa, ossia non è previsto alcun affidamento a terzi di un servizio;
  • Le Case di Quartiere rappresentano una esperienza che, fortemente ancorata al principio di sussidiarietà, “valorizza l’autonomia dei corpi intermedi nella costruzione di risposte comunitarie al bisogno sociale”;
  • Il Codice del Terzo Settore e, da ultimo, la sentenza della Corte costituzionale n. 131/2020 confermano la legittimità da parte degli enti pubblici locali di coinvolgere gli enti del Terzo settore (ovvero di essere coinvolti dagli stessi) per la definizione, organizzazione ed erogazione di attività di interesse generale (che ricordiamo sono puntualmente individuate nell’art. 5 del d. lgs. n. 117/2017);
  • La Giunta comunale, a seguito della procedura di co-programmazione e co-progettazione, ha potuto individuare il soggetto ritenuto maggiormente idoneo a condurre le attività oggetto delle Case di Quartiere, a seguito di emanazione di apposito avviso pubblico finalizzato a far emergere le proposte da parte degli enti associativi disponibili e, successivamente, ad individuare le attività da svolgere, il modello di gestione e le garanzie di partecipazione a favore della comunità.

In data 21 settembre 2020, Anac ha comunicato al Comune di Bologna di non ritenere la procedura oggetto dell’esposto riconducibile al Codice dei contratti pubblici e ha, pertanto, concluso il procedimento.

Il caso in esame permette di proporre alcune considerazioni conclusive.

In primo luogo, si può affermare che è stata accertata e confermata la distinzione tra appalti di servizi sociali e procedure ex art. 55, Codice del Terzo Settore. I due “mondi” rimangono distinti e caratterizzati da elementi che non possono essere invocati per “piegare” la co-progettazione ad altri fini. Co-programmazione e co-progettazione, come ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 131/2020 appartengono ad un paradigma diverso da quello delle regole mercantilistiche e concorrenziali.

In secondo luogo, Anac ha posto l’accento sulla necessità che le procedure di cui all’art. 55, d. lgs. n. 117/2017 contemplino rapporti gratuiti e non sottendano un corrispettivo. È necessario chiarire il termine di “gratuità”, che non attiene soltanto alla dimensione di partecipazione dei volontari negli Ets, ma – nel caso di specie – identifica una modalità di azione e di intervento che può legittimare soltanto un rimborso delle spese da parte dell’ente pubblico. È esclusa, dunque, ab origine, la dimensione sinallagmatica del rapporto: non è rintracciabile una dinamica di “do ut des”, tipica dei contratti. Al contrario, ci si trova in presenza di iniziative, progetti e attività che, promanando dai corpi intermedi intendono richiedere agli enti pubblici un sostegno, anche finanziario.

In terzo luogo, preme sottolineare che il caso in argomento dimostra come sia ancora attuale la disposizione contenuta nell’art. 128, d. lgs. n. 112/1998: nella nozione di servizi sociali sono ricomprese sia le attività a pagamento sia quelle gratuite.

In ultima analisi, può affermarsi che gli enti locali dispongano di un quadro normativo definito, che potrà permettere anche in futuro – è l’auspicio che formuliamo su questo sito – l’attivazione di percorsi e di modalità che, con tutte le cautele del caso, possano contribuire in modo coerente ed efficace a rispondere ai bisogni sociali e, così facendo, a garantire i livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, comma 2, lett. m) Cost.

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