Come cambia la rendicontazione sociale con la riforma del terzo settore

Pubblicato il nuovo documento di ricerca del Gruppo di studio per il bilancio sociale con 16 raccomandazioni utili per farlo meglio ma anche indicazioni operative per un processo che metta al centro gli stakeholder, evidenzi il ruolo della governance, in un’ottica di equilibro nei contenuti ed efficacia comunicativa 

Il Gruppo di studio per il bilancio sociale (Gbs), in collaborazione con il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (Cndcec) e l’Associazione italiana delle società di revisione legale (Assirevi), ha pubblicato il Documento di ricerca n.17 - Rendicontazione sociale nel non profit e riforma del terzo settore, elaborato con l’obiettivo di delineare un confronto tra l’evoluzione normativa e lo stato dell’arte della rendicontazione sociale in ambito non profit e fornire indicazioni operative agli enti di Terzo settore (Ets) per una efficace applicazione delle Linee guida ministeriali sulla rendicontazione sociale. Il gruppo di ricerca è stato coordinato da Cristiana Rogate e Lorenzo Sacconi; è composto inoltre dal Paolo Esposito, Lorenzo Magrassi, Paolo Palombelli e Mario Viviani.

Non è la prima volta che il Gbs interviene sul tema: lo aveva già fatto con il Documento di ricerca n.10 - La rendicontazione sociale per le aziende non profit del 2009, che pur rimanendo un utile riferimento, necessitava di essere accompagnato da riflessioni attualizzate al nuovo contesto creato dalla riforma del Terzo settore.

La rendicontazione nella riforma del Terzo settore

Per iniziare sono illustrate brevemente le principali disposizioni introdotte dalla riforma del Terzo settore che attengono alla rendicontazione - economia e sociale -, alla valutazione di impatto sociale e più in generale al principio di pubblicità e trasparenza degli enti, fornendo un commento sulle Linee guida per la redazione del bilancio sociale degli enti del Terzo Settore, e sulle Linee guida per la realizzazione di sistemi di valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte dagli enti del Terzo settore.

Se, da un lato, gli autori apprezzano l’introduzione di disposizioni vincolanti relative alla rendicontazione sociale e il generale riordino della materia con una reale semplificazione normativa, seppur con eccessiva generalità considerate le diverse fattispecie di Ets, dall’altro non rilevano particolari novità nel modo in cui il bilancio sociale viene descritto, nelle finalità che ne orientano la struttura e, complessivamente, nella funzione che gli viene attribuita.

I tratti in comune tra profit e non profit

Come sappiamo, la rendicontazione sociale non è un aspetto che riguarda solo le organizzazioni non profit, e tra esse, gli Ets e le imprese sociali, ma è, o dovrebbe essere, comune a tutte le organizzazioni. Nel settore profit da tempo si è diffuso il concetto di responsabilità sociale d’impresa (corporate social responsibility), e con esso forme di rendicontazione non finanziaria da affiancare al bilancio economico, per rappresentare gli effetti delle attività aziendale sugli stakeholder.

Il gruppo di ricerca, beneficiando di competenze intersettoriali, ha provato ad indentificare qual è il tratto comune della rendicontazione sociale valido per ogni forma di impresa, ma anche qual è quello specifico del settore non profit, declinando il concetto di organizzazione socialmente responsabile. La responsabilità sociale di una organizzazione non è automaticamente garantita dall’assenza dello scopo di lucro, elemento identitario e vincolante per chi sceglie di essere un Ets o una impresa sociale secondo la normativa, che purtroppo, si osserva, potrebbe venire aggirato. Allo stesso tempo, il produrre impatto sociale non consente di identificare, né tra le imprese commerciali, né tra i soggetti non profit, quelli che soddisfano la definizione di organizzazione socialmente responsabile: si può generare impatto sociale anche in modo irresponsabile. Si deve parlare quindi di responsabilità sociale delle organizzazioni non profit, intesa come equo bilancio tra gli interessi degli stakeholder, sulla base del principio di giustizia sociale.

La rendicontazione sociale nel non profit: le raccomandazioni del Gbs

Il corpo centrale del documento è dedicato ai nodi tematici e agli indirizzi operativi riguardanti la rendicontazione sociale, con proposte di rilettura dei criteri con i quali oggi sono redatti i rapporti sociali nel non profit, il chiarimento di alcuni aspetti e principi contenuti nella riforma, e la formulazione di alcune raccomandazioni utili, tra cui tre di carattere generale.

Il ruolo degli stakeholder nel processo di reporting

Un processo di rendicontazione sociale è tale solo se coinvolge i diversi stakeholder, il fatto che siano i destinatari del bilancio sociale non deve trarre in inganno: occorre che siano considerati sin dalle fasi iniziali del processo di rendicontazione.

Il primo passo è identificarli e classificarli in uno schema a due dimensioni (mappa degli stakeholder) che rappresenti, come propongono gli autori, da un lato la loro influenza (potere, rilevanza) dall’altro la loro reattività, cioè la velocità con la quale lo stakeholder modifica il suo comportamento nei confronti dell’Onp. Tra gli stakeholder occorre considerare anche la “collettività”, in conseguenza delle finalità civiche solidaristiche e di utilità sociale che perseguono gli Ets, e dello svolgimento di attività di interesse generale.

Si raccomanda, inoltre, di descrivere le modalità del coinvolgimento (stakeholder engagement) e il percorso realizzato a tal fine.

La governance

La gestione democratica è uno degli elementi costituenti di una Onp, tanto che le linee guida ministeriali prevedono che un capitolo del bilancio sociale sia proprio dedicato al sistema di governo e controllo, con l’articolazione, le responsabilità e la composizione degli organi. E lo fanno perché probabilmente, si legge nel documento di ricerca, si tratta spesso di informazioni poco presenti nei rendiconti delle Onp, o trattate in maniera sintetica o formale, o comunque poco chiare già nelle previsioni statutarie, soprattutto nei casi di presenza di organi atipici, o di categorie dei soci differenziate per diritti e doveri. Si raccomanda quindi di descrivere con maggiore attenzione il funzionamento istituzionale dell’ente, con particolare riguardo anche alla componente non istituzionale (management).

Riequilibrio delle sezioni del bilancio sociale

Secondo gli autori, sarebbe stato più utile che il legislatore proponesse una integrazione tra la rendicontazione finanziaria e non finanziaria in un unico documento, mentre ci si trova ad avere nel bilancio sociale una sezione riguardante gli aspetti economici, patrimoniali e finanziari, a cui si aggiungono informazioni economiche presenti in altre sezioni, in particolare in quella dedicata alle persone che operano per l’ente; nel complesso comunque con un peso ridotto rispetto al complesso delle informazioni da esporre nel bilancio sociale.

Si raccomanda di operare per una ri-equilibratura, in modo che tali aspetti emergano alla pari di quelli sociali, introducendo l’esposizione di alcuni dati contabili, ma soprattutto una chiara identificazione dei soggetti da cui proviene e a cui si indirizza la distribuzione del valore monetario.

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