Il Ministero del Lavoro ha chiarito in una nota la nozione che si accompagna alle attività culturali, artistiche o ricreative, quelle con finalità educativa e quelle turistiche nel codice del Terzo settore secondo criteri generali e specifici
Il Ministero del Lavoro, direzione generale del Terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese, con l’emanazione della nota numero 11379 del 4 agosto scorso, ha aggiunto un importante tassello all’attuazione delle norme sul Terzo settore, attraverso il chiarimento della nozione di “interesse sociale”.
Come è noto, questo requisito supplementare deve assistere, per espressa previsione di legge (Codice del Terzo settore - dlgs n. 117/2017, di seguito, anche: Cts o Codice), le seguenti attività di interesse generale:
L’interesse sociale è richiesto anche alle attività di ricerca scientifica degli enti di Terzo settore (Ets), ma attraverso una dimensione ulteriormente rafforzata, ossia di “particolare interesse sociale” (art. 5, co.1, lett. h), Cts).
La rilevanza del chiarimento è di tutta evidenza, ed ha a che fare con l’impatto che il riconoscimento del requisito produce sull’area di estensione delle attività di interesse generale svolte dall’ente e dunque, in certa misura, sulla stessa sua qualifica di organizzazione del Terzo settore. Per esemplificare, se un ente svolge attività culturali, in modalità e forme che tuttavia non soddisfano il quadro dei criteri utili al riconoscimento dell’interesse sociale, potrà continuare a condurle esclusivamente nei limiti riservati dalla normativa alle attività diverse. E se tali attività fossero le uniche svolte dall’ente, è evidente che non si riscontrerebbero le condizioni per qualificarlo come soggetto di Terzo settore.
Per raggiungere l’obiettivo, il ministero ha richiesto al gruppo di esperti del Consiglio nazionale del Terzo settore l’emanazione di un parere in materia, in seguito fatto proprio dallo stesso Consiglio nella seduta dei lavori del 5 luglio scorso e successivamente accluso alla nota “nell'intento di fornire una prospettiva comune in grado di assicurare l’uniforme applicazione della normativa su tutto il territorio nazionale”.
Sembra utile sottolineare che il parere, concentrandosi sul merito oggettivo della nozione, appare in grado di estendere la sua portata chiarificatrice anche al di là del perimetro normativo espressamente richiamato dalla nota, ossia l’articolo 5 del Cts. In particolare, va ricordato che le attività interessate sono ricomprese anche nell’elenco di quelle di interesse generale esercitabili dalle imprese sociali (art. 2, dlgs n. 112/2017) e dunque i criteri cristallizzati nell’analisi possono valutarsi applicabili anche in quella sede, salvo le declinazioni particolari vincolate dai modelli organizzativi o dalla natura stessa dell’ente (si veda, ad esempio, l’interesse sociale apprezzato come insito all’incardinamento di un rapporto associativo, quest’ultimo secondo i termini rigorosi, di forma e sostanza, richiesti dal Codice).
Dal parere emerge chiaramente la volontà di approcciare il tema attraverso una formula di diretta traduzione operativa, che dunque consenta ai lettori (Ets, uffici del Runts) una immediata verifica della concreta situazione che in un dato momento stanno valutando: i criteri di individuazione dell’interesse sociale sono infatti rifusi in categorie tangibili di riferimento ed in numerosi esempi materiali.
All’interno di questo modello di impronta esecutiva, è possibile individuare un’impostazione metodologica basata su un canone generale e su diverse sue declinazioni elaborate in base all’attività, alcune delle quali specifiche ed altre viceversa trasversali a più “tipi”.
Al vertice della tassonomia si intravvede (canone generale) una lettura costituzionalmente orientata della nozione, posta a presidio di ogni criterio distintamente individuato così come di ogni fattispecie espressamente richiamata. Più in particolare, la prospettiva in cui la nozione assume specifico significato è quella della sua concorrenza a dare forma al principio di uguaglianza sostanziale (art. 3 della Costituzione). In base a questo assunto, l’azione dell’ente del Terzo settore risponde alla richiesta del legislatore, cioè di realizzare un vantaggio per la società (interesse sociale) se, pur materializzandosi in azioni a diretto favore di singoli o di gruppi/comunità definiti, è in grado di favorire/promuovere la coesione sociale e l’accesso allargato ai diritti e alle opportunità, contribuendo a rimuovere “gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini” ne impediscono il pieno sviluppo personale, così come la sua “effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3, Cost., cit.).
Troviamo esplicitato il richiamo a tale canone nella disamina degli ambiti di organizzazione e gestione delle attività culturali, artistiche o ricreative, ma in un’ottica di lettura sistematica del parere, tenuto conto sia del dato genetico che accomuna tutte le attività di interesse sociale in quanto tali, sia dei parametri e delle configurazioni in questo complessivamente richiamate, appare conseguente poterlo riconoscere “a monte” di ogni concreta espressione di indirizzo e/o casistica.
Il chiarimento della nozione nell’ambito delle attività culturali con finalità educativa è affidato a due distinti criteri, basati rispettivamente su:
Sulla scorta del primo criterio, assumono rilevanza le attività rivolte a:
Ma nell’ambito di questo elenco, quali sono le attività o i servizi concretamente da erogare? Il parere enumera una serie di tipi (cinema, teatro, musica, arti figurative e coreutiche, letteratura e progetti educativi in materia di alimentazione e corretti stili di vita, studio assistito), ma lo fa espressamente a titolo esemplificativo: trattasi, infatti, di una casistica “aperta” in cui possono trovare casa anche ulteriori attività, purché saldamente ancorate ai due elementi qualificanti fissati dalla legge, ossia la natura culturale dell’attività/servizio e la sua finalità educativa. Non occorre sottolineare che tali requisiti dovrebbero essere espressamente richiamati dall’Ets che approccia la gestione di tali attività, e tanto sia in sede pianificatoria (ad esempio, nelle delibere che le adottano), sia in fase esecutiva (programmi operativi, comunicazione, rendicontazione).
Quanto al secondo criterio, il riferimento esplicito è agli indirizzi emanati da Agenzia delle entrate (si veda, in particolare, circolare numero 22/E del 18 marzo 2008) per l’individuazione delle attività formative, didattiche ed educative cui è riservata l’esenzione Iva dei relativi corrispettivi.
Rilevano, a tal fine, le attività culturali condotte:
Si tratta, anche in questo caso, di un punto di partenza, in quanto in un allargamento dell’ottica secondo una visione sistemica di fattispecie parimenti meritevoli, tenuto conto anche degli istituti espressamente introdotti dalla normativa di Terzo settore, assumono espresso rilievo le attività condotte con il gratuito patrocinio degli enti pubblici e/o sulla scorta di iniziative di co-programmazione, co-progettazione e accreditamento degli Ets, ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui al titolo VII del Codice.
In questa sezione, prima di esporre i criteri di selezione delle attività interessate, il parere si sofferma a lungo sulla declinazione del canone generale (attività che soddisfano l’interesse sociale in quanto pro-attive nel dare forma al principio dell’uguaglianza sostanziale), riconoscendo dignità equipollente alle iniziative di socialità, aggregazione e partecipazione che animano le comunità rendendole più coese e prevenendo, contrastando o mitigando fenomeni di deriva sociale, rispetto a quelle che più direttamente assolvono ad una funzione di cura/assistenza alla persona (ossia di persona in manifesta condizione di svantaggio). Si ammette dunque, senza più equivoci, che il concorso al bene comune, se pur in modalità e forme diverse, è patrimonio condiviso sia, ad esempio, dall’organizzazione di volontariato che sviluppa iniziative culturali in favore di minori disagiati, sia dall’associazione ricreativa che organizza laboratori teatrali per la comunità del quartiere.
Quanto alla selezione delle attività rilevanti, il primo criterio utile è quello di destinazione, come nel caso delle attività educative.
Rilevano, a tal fine, le attività rivolte:
Il secondo criterio si riferisce agli “schemi di azione e/o di contesto in cui l’attività è realizzata”, e più precisamente al dato di meritorietà sociale che questi sono in grado di esprimere. In quest’ottica, sono ricondotti entro la nozione di interesse sociale le attività:
Il turismo di interesse sociale deve assicurare, quali canoni generali di espressione del titolo meritorio, il suo svolgimento secondo i principi cristallizzati nella relazione finale della conferenza di Montreal 1996 “per una visione umanistica e sociale del turismo”, ovvero:
Le attività turistiche condividono con quelle precedenti sia il criterio di destinazione, sia il criterio che riguarda i modi di esercizio o i contesti di somministrazione.
Sotto il primo profilo assumono rilievo le attività turistiche svolte in favore di associati, categorie svantaggiate, beneficiari delle attività di interesse generale, lavoratori e volontari impegnati nelle attività.
In ordine al secondo, sono rilevanti quelle patrocinate o finanziate da pubbliche amministrazioni, attivate in luoghi socialmente sensibili (vedi sopra) o comunque attraverso forme o ambiti che trovano già tutele nell’ordimento.
Sono in ogni caso attratti nell’orbita del turismo di interesse sociale le iniziative che assicurano obiettivi di equità, sostenibilità ed inclusione, collocate nei termini:
Gli statuti degli Ets che svolgono tali attività andranno a richiamare espressamente, e con il dettaglio opportuno, le qualità che ne distinguono la dimensione sociale, così come ne sarà curato il richiamo in sede di loro sviluppo operativo (in fase programmatoria, di implementazione e di rendicontazione).
Sono richiamate nell’ambito della nozione di interesse generale, in primo luogo quelle attività che già l’ordinamento definisce come tali. Il riferimento è all’elenco contenuto nell’articolo 79 del dpr n. 135/2003, ovvero le attività di ricerca finalizzate a:
Lo sguardo è successivamente allargato ad ulteriori attività, come restituite dall’evoluzione stessa della ricerca, dal diritto positivo e dai fenomeni sociali emergenti, andando a ricomprendere:
Infine, nella consapevolezza dei nuovi orizzonti che alla ricerca si aprono, anche su di un piano sociologico e culturale, presso gli ambiti oggettivi valorizzati dalla normativa di Terzo settore, il parere conclude per la ricomprensione nel novero delle attività di ricerca scientifica di particolare interesse sociale, di “tutte le attività di ricerca relative agli ambiti di intervento elencati dall’art. 5, co.1 del d.lgs. 117/2017 o che favoriscano lo sviluppo delle stesse”.
© Foto in copertina di Daniela Bazzani, progetto FIAF-CSVnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano"