La riforma disciplina la funzione ispettiva nei confronti delle imprese sociali. L’obiettivo è quello di assicurare, in questo caso attraverso un’azione di controllo, l’autenticità delle imprese sociali. Nel momento in cui queste, infatti, acquisiscono la qualifica, beneficiano di un trattamento normativo, in particolare fiscale, di favore. Per bilanciarlo, il legislatore ha previsto meccanismi (obbligatorietà di talune scritture contabili, organi di controllo interno e, in questo caso, ispezione da parte di organismi esterni) che assicurano il rispetto, nel tempo, delle caratteristiche che la norma richiede, oltre alla trasparenza e la correttezza delle informazioni e la visibilità e accessibilità alle stesse del cittadino, della pubblica amministrazione e dei terzi attraverso il registro unico nazionale del Terzo settore (Runts).
La disposizione coinvolge tutte le imprese sociali, con alcune specificità relative a quelle costituite in forma di cooperativa.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, attraverso l’Ispettorato del lavoro e un sistema di controlli periodici, assicura che le imprese sociali rispettino le previsioni normative; il sistema non è molto dissimile da quanto già avviene da molti anni per le revisioni delle società cooperative. Oltre che agire con i propri uffici, lo stesso Ministero può affidare tale verifica anche ad enti associativi riconosciuti, cui aderiscano almeno mille imprese sociali aventi sede in almeno cinque diverse regioni o province autonome.
Tale ispezione deve essere svolta ogni anno; un successivo decreto, ancora da approvare, definirà le forme, i contenuti e le modalità dell'attività ispettiva sulle imprese sociali, nonché il contributo da porre a loro carico per lo svolgimento delle stesse. Lo stesso decreto poi definirà anche i criteri, i requisiti e le procedure per il riconoscimento degli enti associativi tra imprese sociali che possono, come prima richiamato, essere incaricati dell’attività ispettiva e le forme di vigilanza che saranno attuate su tali enti da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Nel caso che l’ispezione evidenzi una violazione delle norme o dei requisiti che regolano l’impresa sociale, il soggetto (Ispettorato del lavoro o associazione di imprese sociali riconosciuta e incaricata dell’ispezione stessa) deve diffidare gli organi di amministrazione dell'impresa sociale a regolarizzare i comportamenti illegittimi o i contenuti illeciti entro un congruo termine.
In questo caso, il patrimonio residuo – accumulato godendo dello “status” di impresa sociale – una volta restituite ai soci le loro quote, va devoluto al Fondo per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali o alla Fondazione Italia Sociale.
Infine, si prevede che il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in raccordo con il Consiglio nazionale del Terzo settore e con le parti sociali, svolga attività di monitoraggio e ricerca sulle imprese sociali in senso ampio.
L’attività ispettiva può essere affidata, a seguito di apposite convenzioni con il Ministero preposto, agli enti di rappresentanza delle imprese sociali, similmente a quanto già avviene da tempo per il mondo cooperativo, dove le revisioni per i propri associati sono svolte, appunto, dalle centrali cooperative.
L’attività ispettiva delle società cooperative viene realizzata nelle modalità già previste dalla legge sulla cooperazione; in sostanza per le cooperative aventi forma di imprese sociali in prima istanza non cambia nulla, salvo possibili disposizioni da approvarsi in un decreto del Ministero del lavoro per coordinare la normativa sulla cooperazione con quella sull’impresa sociale (ad esempio il fatto che per le cooperative diverse da quelle sociali, la revisione è prevista con scadenza biennale, mentre per le imprese sociali è annuale).
In caso che la sanzione di perdita della qualifica riguardi una società cooperativa, il patrimonio residuo va devoluto ai fondi mutualistici per la cooperazione.
È vietato opporsi, o anche solo porre “ostacolo”, allo svolgimento dell'attività ispettiva, anche se realizzata dagli enti di rappresentanza delle imprese sociali. Se un’impresa sociale non si adegua alla diffida ricevuta a seguito di un’ispezione, viene disposta, dal Ministero del Lavoro, la nomina di un commissario ad acta (che può essere anche lo stesso legale rappresentante dell'impresa sociale), che prenda i provvedimenti necessari affinché le prescrizioni vengano adempiute. Nel caso invece tali irregolarità non siano sanabili o comunque non si provveda a sanarle, il Ministro del Lavoro decreta la perdita della qualifica di impresa sociale. Come in tutti gli altri casi, anche in questo, la perdita della qualifica di impresa sociale, determina la devoluzione, per legge, del patrimonio al Fondo per la promozione delle imprese sociali o alla Fondazione Italia Sociale.
Rispetto alla normativa precedente, si aggiunge la possibilità di affidare la funzione ispettiva ad enti associativi di imprese sociali, sul modello di quanto già previsto per le cooperative in cui le funzioni ispettive sono svolte dalle cosiddette “centrali” della cooperazione.
Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112 “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale”: art. 15
A partire dal 20 luglio 2017
La scheda è aggiornata al 17 dicembre 2020.