Le prospettive future dell'amministrazione condivisa
Se sino alla sentenza 131 della Corte costituzionale il tema principale era la legittimità giuridica dell’amministrazione condivisa, se oggi ci si interroga su quando e come collaborare, quali saranno i temi dei prossimi mesi? Per rispondere a questa domanda possiamo fare appello, oltre che alle riflessioni degli studiosi, anche alle esperienze che in questi mesi si stanno accumulando.
Un’ulteriore diffusione delle esperienze di amministrazione condivisa. Le modifiche del quadro normativo del 2020 – 2021 (vedi i capitoli “La Sentenza 131 della Corte costituzionale” e “Dopo la sentenza 131: gli altri provvedimenti”) determineranno un’onda lunga di interesse per l’amministrazione condivisa e sempre più enti, anche tra quelli che sino ad ora non lo avevano ancora fatto, sperimenteranno procedimenti di co-programmazione e co-progettazione.
Una maggiore qualità e uniformità delle esperienze di amministrazione condivisa. L’approvazione delle linee guida può sicuramente favorire una migliore qualità della co-programmazione e della co-progettazione. È ragionevole pensare che quantomeno i vizi più evidenti che talune di queste procedure hanno avuto nei mesi scorsi saranno in futuro meno frequenti.
La co-programmazione. Negli anni scorsi i casi di co-progettazione sono stati molto più frequenti rispetto a quelli di co-programmazione; ma al tempo stesso in molti casi ci si è avveduti della parzialità di un procedimento in cui si lavori ad un tema specifico senza avere condiviso l’importanza di farlo. È prevedibile che nel prossimo futuro vi siano anche un certo numero, maggiore rispetto al passato, di casi di co-programmazione.
Le “iniziative di parte”. Sino ad oggi il Terzo settore non ha mai quasi intrapreso proprie iniziative per chiedere in modo documentato l’avvio di procedimenti di co-programmazione o co-progettazione; certamente questa strada richiede investimento e competenza, ma si avverte chiaramente l’aspirazione del Terzo settore a confrontarsi con questa sfida. È molto probabile che prossimamente proverà a farlo.
I settori non-welfare. L’amministrazione condivisa è nata storicamente in ambito welfare, ma la riforma del Terzo settore l’ha resa accessibile in tutti i settori di interesse generale. È probabile che anche in altri ambiti – la scuola, la cultura, la sanità – si provi a percorrere questa via.
I regolamenti. Nel momento in cui l’amministrazione condivisa non è più solo sporadica sperimentazione ad opera di funzionari o amministratori pubblici particolarmente sensibili al tema, ma diventa strumento ordinariamente utilizzato, è probabile che si diffondano regolamenti sulle relazioni con il Terzo settore a livello di singolo ente.
Le leggi regionali. Dopo la Toscana (vedi il capitolo “Dopo la sentenza 131: gli altri provvedimenti”) è probabile che altre regioni mettano mano alle proprie leggi sul Terzo settore, risalenti a periodi ante codice, comprendendo in esse anche discipline dell’amministrazione condivisa.
Il travaso dell’amministrazione condivisa negli atti di programmazione. È forse uno scenario più lontano, ma va ricordato che ciascun ente pubblico ha propri atti di programmazione che costituiscono la cornice in cui collocare le esperienze di co-programmazione. Ma allora, laddove questi atti riguardino settori di interesse generale, perché non pensare da subito al coinvolgimento del Terzo settore anche in quella sede (per un approfondimento su questo tema in relazioni agli enti locali vedi questo articolo)? D’altra parte, vi sono alcuni esempi non marginali in questo senso, se si considera come la collaborazione sia evocata nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) o nel Piano nazionale delle politiche sociali.
La gestione degli insuccessi. L’amministrazione condivisa, quando calata nella pratica, si espone, come ogni impresa umana all’insuccesso. Si incontreranno, nei prossimi mesi, amministratori pubblici ed esponenti del Terzo settore che documenteranno casi insoddisfacenti, in cui l’amministrazione condivisa non ha funzionato. Si tratta di esaminarli a fondo e di imparare dagli errori, senza lasciarsi demoralizzare e senza cadere nella sfiducia generalizzata per cui “nulla cambierà”.
Le sperimentazioni della co-progettazione su servizi rilevanti. Molti enti, soprattutto nel welfare, hanno inizialmente (e opportunamente) iniziato a sperimentare l’amministrazione condivisa su ambiti fortemente innovativi e creativi, ma con budget abbastanza limitati e spesso ottenuti da fonti straordinarie; avendo riscontrato gli effetti positivi di tali iniziative, stanno ora iniziando ad estenderle sulle parti più rilevanti dei propri interventi istituzionali.
La formazione. Sarà molto significativa la richiesta di formazione e di sostegno ai processi di amministrazione condivisa sia da parte del Terzo settore, sia della pubblica amministrazione; se nel 2020 – 2021 il grande impegno è stato quello di una “alfabetizzazione di base” si tratta ora, sui singoli territori, di sostenere e guidare effettive nuove esperienze, affiancando e supportando i protagonisti locali attraverso un’azione combinata di formazione, di accompagnamento alla nascita di nuove esperienze e di osservatorio che ne monitori l’andamento.
In conclusione. Quello dell’amministrazione condivisa è, oggi come ieri, un percorso dinamico, una storia mai scritta una volta per tutte, in cui le analisi di chi studia questo fenomeno e la competenza pratica di chi lo sperimenta in prima persona vanno combinate, nella consapevolezza che dalla loro unione può derivare una conoscenza profondamente radicata nella concretezza, tale da far evolvere nel modo migliore il partenariato tra tutti i soggetti, pubblici e di Terzo settore, che hanno a cuore l’interesse generale.