Cosa è successo con l’Iva per gli enti del Terzo settore

Nella Legge di Bilancio 2021 appena approvata salta la misura prevista dall’art. 108 che avrebbe avuto una pesante ricaduta per moltissime realtà, nel tentativo di rispondere a una procedura di infrazione dell’Unione Europea. Ma il tema è solo rinviato

Per il Terzo settore la misura più importante nella Legge di Bilancio è quella che, alla fine, non c’è più: nel testo presentato al Parlamento a novembre, infatti, vi era anche un provvedimento, l’articolo 108 che avrebbe avuto pesanti conseguenze per gli enti del Terzo settore e, più in generale, per tutti gli enti non commerciali di tipo associativo.

Il provvedimento era stato elaborato per cercare di avviare a soluzione una procedura di infrazione dell’Unione europea avviata nel lontano 2008 riguardante diverse aspetti inerenti l’Iva, fra i quali anche il regime applicato agli enti non commerciali di tipo associativo. La soluzione proposta si limitava a prendere in considerazione gli enti non commerciali e prevedeva di considerare “esenti” e non più “escluse” dal campo Iva le loro attività. Nella relazione tecnica si segnalava anche che tale modifica non comportava maggiori o minori entrate per lo Stato. Apparentemente, quindi, il provvedimento sembrava solo un fatto “tecnico” senza costi per nessuno.

Purtroppo non era così: diverse erano le criticità.

Il primo aspetto era quello di natura culturale: le attività coinvolte in questo intervento legislativo sono quelle tra soci che mutualmente condividono beni e servizi, in un modello più simile a quello dell’autoconsumo che a quello dello scambio, che è invece è tipico del mondo imprenditoriale.

L’ingresso nel mondo Iva sottrarrebbe queste attività al loro contesto originario ed autentico.

La nuova formulazione, infatti, avrebbe portato attività attualmente non rilevanti ai fini Iva nella sfera dell’esenzione, con un conseguente aggravio di adempimenti e complicazioni. Per quanto riguarda gli adempimenti, le associazioni che svolgono solo attività nei confronti dei soci che allo stato attuale non necessitano di partita Iva avrebbero dovuto aprirla e, dunque, tenere una relativa contabilità.

Inoltre, le associazioni avrebbero svolto attività commerciale ai fini Iva e non commerciale in merito alle imposte dirette, con tutte le complicazioni che sono state già incontrate per le Onlus in merito alla definizione tributaria del soggetto.

Infine, il provvedimento proposto non era armonizzato con il decreto legislativo 117/2017, facendo anche riferimento a fattispecie “in estinzione” (le Onlus), anziché al nuovo codice del Terzo Settore, che a quanto pare è stato elaborato senza tenere in conto dell’esistenza di questa procedura di infrazione, perché proprio tale circostanza sarebbe stato il momento opportuno nel quale introdurre i necessari provvedimenti.

Il Governo e il Parlamento hanno ritenuto fondate le argomentazioni contrarie a tale provvedimento e quindi ha provveduto a sopprimerlo dalla Legge di Bilancio 2021.

Il tema è però solo rinviato. Per affrontare tale questione così come la impasse sul “pacchetto fiscale” del codice del Terzo settore, che dura ormai da oltre 3 anni e mezzo, è stata promessa la costituzione di un Tavolo di lavoro composto dai Ministeri dell’Economia e del Lavoro e dal Forum Nazionale del Terzo Settore.

La speranza è che, magari per provare ad uscire dallo stallo attuale, si possa assumere un approccio che approfondisca e verifichi adeguatamente, sia a livello costituzionale che di normativa eurocomunitaria, quali sono gli effettivi limiti, ma anche gli spazi di manovra. Si è infatti di fronte ad un soggetto, il terzo settore, che ha le sue proprie peculiarità e pertanto non lo si può ricondurre a schemi preordinati che non gli sono propri, ma limiti e spazi vanno ripensati alla luce della sua novità, cosi che si possa disegnare un fisco semplice su misura degli enti del Terzo settore, per riconoscere appieno la meritorietà di quegli enti che, seppur privati, sono senza scopo di lucro e perseguono l’interesse generale.

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