L’obbligo annuale è riferito alle risorse pubbliche pari o superiori a 10.000 euro ricevute nell’esercizio precedente. Un approfondimento su soggetti interessati, contenuti, termini di presentazione, sanzioni, ma anche precisazioni sul limite economico indicato e su come valutare il 5 per mille
Il 30 giugno scade un termine importante per quanto riguarda molti enti non profit, relativo all’obbligo di pubblicazione dei contributi pubblici ricevuti nell’esercizio precedente, qualora questi siano pari o superiori a 10.000 euro. Il termine quest’anno slitta al 1° luglio considerando che il 30 giugno è domenica.
Ecco in cosa consista tale adempimento e quali siano i soggetti a cui si applica.
La normativa di riferimento è rappresentata dalla legge 4 agosto 2017, n. 124, in particolare i commi da 125 a 129, modificata nella formulazione attuale dal decreto legge 30 aprile 2019, n. 34 (“Decreto Crescita”), che ha disposto in modo permanente alcuni obblighi di trasparenza riguardanti i contributi pubblici ricevuti (anche) dagli enti non profit.
Importanti chiarimenti sul tema sono poi stati forniti dalle circolari del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, n. 2 dell’11 gennaio 2019 e n. 6 del 25 giugno 2021: nonostante tali documenti si riferiscano in particolare agli enti del Terzo settore (Ets), le indicazioni in essi contenute possono ragionevolmente estendersi anche agli altri soggetti tenuti al rispetto delle disposizioni menzionate.
L’obbligo in questione si applica in primo luogo alle associazioni, alle fondazioni e alle Onlus che hanno ricevuto sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria, pari o superiori a 10.000 euro, da parte:
Sono inoltre soggette all’obbligo di rendicontazione anche le associazioni di protezione ambientale e le associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale (che in realtà già vi rientravano in quanto appunto “associazioni”), e le cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Nonostante il codice del Terzo settore disponga già per gli enti del Terzo settore (Ets) importanti obblighi in tema di trasparenza, la normativa in esame si applica anche ad essi.
L’obbligo in questione si applica, come detto, anche alle Onlus: è bene infatti ricordare che la normativa Onlus è stata sì soppressa dal codice del Terzo settore, ma tale abrogazione diventerà effettiva solo a partire dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione europea in merito al nuovo regime fiscale degli Ets.
La legge 124/2017 distingue i soggetti menzionati nel paragrafo precedente da quelli che esercitano attività d’impresa, ai sensi dell’art. 2195 del codice civile, disponendo per essi modalità di pubblicazione parzialmente diverse rispetto a quelle previste per associazioni, fondazioni e Onlus, di cui si dirà a breve.
Fra tali soggetti rientrano sicuramente le società di cui al Libro V del Codice civile, oltre che le imprese sociali costituite in forma societaria.
Il discorso si fa più problematico per le cooperative sociali, che sono sia “società” che “onlus” (di diritto): la circolare ministeriale n. 2 dell’11 gennaio 2019 ha stabilito la prevalenza del profilo legato alla forma giuridica, e quindi le cooperative sociali (tranne quelle che svolgono attività a favore degli stranieri) sono tenute ad adempiere all’obbligo di pubblicazione nelle stesse forme previste per le società. Applicando tale ragionamento alle imprese sociali, si ricava che quelle costituite in forma di associazione o fondazione sono chiamate a rispettare le regole di pubblicazione previste per tali forme giuridiche.
L’obbligo scatta solo nel momento in cui gli enti menzionati (associazioni, fondazioni e Onlus da un lato, società dall’altro) abbiano ricevuto contributi pubblici per una cifra pari o superiore a 10.000 euro: il riferimento è l’esercizio finanziario precedente cioè, per gli enti che hanno l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, il periodo che va dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023.
È importante sottolineare come non tutte le risorse provenienti dalle pubbliche amministrazioni rientrano nel plafond dei 10.000 euro, ma solamente quelle relative a “sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti, in denaro o in natura, non aventi carattere generale e privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria”.
Ciò significa che eventuali apporti economici di natura corrispettiva (commerciale) con gli enti pubblici non rientrano nel computo dei 10.000 euro, così come quelli dovuti dalla pubblica amministrazione a titolo di risarcimento; vi rientrano invece i contributi concessi dall’ente pubblico a titolo di liberalità oppure dietro presentazione di uno specifico progetto da parte dell’associazione.
I contributi possono essere non solo in denaro ma anche “in natura”. La circolare n. 2 dell’11 gennaio 2019 ha precisato che si intendono quindi ricomprese anche le risorse strumentali, quali ad esempio un bene mobile o immobile concesso in comodato dalla pubblica amministrazione: in tal caso si dovrà chiedere alla stessa di comunicare il valore del bene, il quale dovrà essere indicato nel rendiconto. Qualora non fosse possibile individuare una cifra precisa, è consigliabile fare riferimento a quello che è il valore di un bene simile o analogo sul mercato.
La novità più importante recata dalla circolare ministeriale n. 6 del 25 giugno 2021 riguarda le somme ricevute a titolo di 5 per mille, le quali non sono da considerare nei contributi pubblici disciplinati dalla Legge 124 del 2017 e non vanno quindi conteggiate nel “plafond” dei 10.000 euro.
Il Ministero ha di fatto superato quanto in precedenza detto con la circolare n. 2 dell’11 gennaio 2019, e lo ha fatto sulla base di un mutato quadro normativo disposto per effetto del Decreto “Crescita”. Il nuovo testo esclude infatti dalla rendicontazione i contributi che hanno “carattere generale”: secondo la circolare ministeriale, “per carattere generale si devono intendere i vantaggi ricevuti dal beneficiario sulla base di un regime generale, in virtù del quale il contributo viene erogato a tutti i soggetti che soddisfano determinate condizioni”. In tale definizione è incluso il 5 per mille, le cui somme sono peraltro già soggette a specifici obblighi di pubblicità secondo quanto disposto dal Dpcm 23 luglio 2020 (per un maggiore approfondimento sulle nuove regole del 5 per mille, si rimanda al Vademecum sul tema).
Ai fini della pubblicazione occorre tener conto dei contributi “effettivamente erogati”: ciò significa che vanno conteggiate solo le somme che l’ente ha effettivamente incassato nel corso dell’esercizio finanziario precedente e non quelle che sono state solamente stanziate dall’ente pubblico ma non ancora incassate dall’organizzazione.
La circolare ministeriale n. 2 dell’11 gennaio 2019 ha inoltre chiarito che il limite dei 10.000 euro deve essere inteso in senso cumulativo, riferendosi al totale degli apporti pubblici ricevuti e non alla singola erogazione: esemplificando, se l’ente ha ricevuto durante l’anno contributi su due distinte progettualità da 9.000 euro ciascuna (da due differenti enti pubblici), il limite dei 10.000 euro è superato e scatta quindi l’obbligo di pubblicazione di tali somme.
La circolare ministeriale n. 2 dell’11 gennaio 2019 ha specificato che le informazioni devono essere pubblicate in modo schematico e comprensibile per il pubblico, individuando come necessarie le seguenti voci:
Un fac-simile di rendiconto dei contributi pubblici può essere scaricato qui.
Le cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri di cui al Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 devono inoltre pubblicare trimestralmente nei propri siti internet o portali digitali l’elenco dei soggetti a cui sono versate somme per lo svolgimento di servizi finalizzati ad attività di integrazione, assistenza e protezione sociale: peraltro, sulla ragionevolezza, e quindi sulla costituzionalità, di una simile previsione, si potrebbero avanzare diversi dubbi.
Le associazioni, le fondazioni e le Onlus (oltre alle cooperative sociali che svolgono attività a favore degli stranieri) devono pubblicare, entro il 1° luglio 2024 (la scadenza è fissata al 30 giugno 2024 ma quest’anno è domenica), i contributi ricevuti sul proprio sito internet oppure su “analogo portale digitale”. La circolare ministeriale n. 2 dell’11 gennaio 2019 ha ammesso, per le organizzazioni che non hanno il sito internet, la possibilità di utilizzare la pagina facebook dell’ente. Sempre secondo la circolare, qualora l’organizzazione non avesse nemmeno la pagina Facebook, l’obbligo può comunque essere adempiuto pubblicando i contributi sul sito internet della rete associativa alla quale l’ente aderisce.
Le società (comprese le cooperative sociali e le imprese sociali costituite in forma societaria) sono invece tenute a pubblicare le stesse informazioni nella nota integrativa del bilancio di esercizio e dell’eventuale bilancio consolidato. Il termine è quello ordinario previsto per l’approvazione del bilancio. I soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata e quelli comunque non tenuti alla redazione della nota integrativa assolvono all’obbligo pubblicando le informazioni, entro il 30 giugno 2024, sul proprio sito internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico o, in mancanza, sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza.
Nonostante la normativa non stabilisca nulla riguardo a quanto debbano essere mantenuti sul sito i diversi rendiconti, si consiglia di lasciare pubblicati anche i rendiconti precedenti, posizionandoli all’interno di una sezione specifica ed in evidenza.
Il controllo sull’adempimento dell’obbligo di pubblicazione dei contributi pubblici è in capo ai soggetti erogatori oppure all’amministrazione vigilante o competente per materia.
Come conseguenza dell’inosservanza dell’obbligo di pubblicazione è prevista, sia per associazioni/fondazioni/Onlus che per le società, in prima battuta una sanzione economica pari all’1% degli importi ricevuti, con un importo minimo di 2.000 euro, oltre alla sanzione accessoria dell’obbligo di pubblicazione. Se da tale contestazione passano 90 giorni e l’organizzazione non provvede alla pubblicazione e al pagamento della sanzione, si avrà l’ulteriore sanzione della restituzione integrale delle somme ricevute.
© Foto in copertina di Lucia Montagna, progetto FIAF-CSVnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano"