Come vengono riconosciuti gli enti
Gli enti religiosi, ecclesiastici o confessionali, sono le articolazioni attraverso le quali le Confessioni religiose si strutturano e agiscono nell’ordinamento giuridico italiano. Gli enti delle Confessioni religiose acquistano la qualifica di enti ecclesiastici o confessionali a seguito del relativo riconoscimento, a livello civilistico, della personalità giuridica che permette loro sia di esprimersi sul piano dei rapporti istituzionali, sia di agire nel contesto dell’ordinamento statuale. Le modalità e l’iter finalizzati al riconoscimento degli enti in questione sono regolate tramite gli accordi o le intese stipulate tra lo Stato e le diverse Confessioni o, in mancanza di una disciplina pattizia, dalla legge sui culti ammessi del ’29 e del ’30, la quale attribuisce agli enti la qualifica di “enti morali”.
Un’importante novità che la riforma del Terzo settore ha introdotto, rispetto alle discipline previgenti, riguarda la platea degli enti associativi religiosi che la stessa coinvolge. Se infatti in precedenza venivano coinvolti esclusivamente gli enti dotati di una connessione con Confessioni che avessero stipulato accordi o intese con lo Stato, la recente riforma ha introdotto la nozione di “enti religiosi civilmente riconosciuti”, la quale coinvolge un maggior numero di soggetti.
Tale nuova dicitura ha inteso ricomprendere non solo gli enti della Chiesa cattolica, così come disciplinato dal Concordato e gli enti confessionali afferenti a Confessioni religiose che abbiano stipulato un’intesa con lo Stato, ma anche quelli delle Confessioni senza intesa, i quali continuano ad essere soggetti alla disciplina sui cosiddetti “culti ammessi” del 1929-1930. Un primo indizio che fa propendere per questa interpretazione è il fatto che agli enti religiosi per entrare nella riforma, a differenza degli altri enti di Terzo settore, è richiesta la presenza di un previo riconoscimento civile, il quale deve avvenire secondo le apposite norme pattizie o unilaterali a seconda che si tratti, rispettivamente, di enti confessionali o di enti morali. Da ciò se ne deduce che non possano essere ricomprese quelle organizzazioni che, pur avendo carattere religioso, sono prive di tale riconoscimento giuridico.
Per quest’ultimi enti, se pur si superasse l’impasse del riconoscimento civile, sorgerebbero ulteriori problemi in sede di applicazione della normativa del Terzo settore per mancanza di una cornice legislativa delle stesse organizzazioni, richiesta dalla riforma, che sia chiaramente individuabile ai fini dell’applicazione del requisito del rispetto delle relative peculiari strutture e finalità.