I nodi lavoristici

Il tema dei compensi sportivi

Le associazioni di promozione sociale (Aps) devono svolgere l’attività prevalentemente con l’apporto gratuito dei soci e all’interno del Runts sono da comunicare i dati delle risorse umane retribuite limitatamente ai dipendenti ed ai collaboratori coordinati e continuativi soggetti ad Inail: non sono per il momento quindi da comunicare i dati dei collaboratori amministrativo-gestionali i quali, pur essendo inquadrabili nell’ambito delle collaborazioni coordinate e continuative, risultano privi di tutele Inail (nota del 19 marzo 2003).

In ambito sportivo si discute da sempre in merito alla corretta qualificazione giuslavoristica dei cosiddetti compensi sportivi (ex art. 67, comma 1, lettera m del Tuir). Nel tempo, infatti, la normativa di settore li ha qualificati come redditi diversi a prescindere dal relativo importo e, in quanto tali, ne è stata affermato l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi sempreché tali emolumenti non fossero riconducibili a prestazioni di lavoro subordinato o ad attività professionali, come recita l’incipit del citato articolo 67.

Ci si è pertanto chiesti se tale collaborazione potesse configurare un rapporto di lavoro speciale, privo di tutele previdenziali e assicurative.

Se la causa del contratto è da rinvenire nello scambio prestazione versus compenso o stipendio, rientriamo nel concetto di lavoro.

Il rapporto di lavoro presenta esclusivamente la tipologia della prestazione a carattere subordinato (nella forma del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, a tempo determinato, part time…) e della collaborazione di natura autonoma (nella forma della prestazione professionale, della collaborazione coordinata e continuativa, della collaborazione di natura autonoma occasionale) a cui sono correlate le tutele previdenziali ai sensi dall’art. 38 della Costituzione, e ciò nel rispetto del principio di indisponibilità ed effettività del tipo contrattuale.

Il principio di indisponibilità del tipo contrattuale che vincola anche il legislatore sembra però essere stato infranto dallo stesso codice del Terzo settore laddove vengono citati non solo i rapporti di lavoro dipendente e autonomo ma anche quelli “di altra natura” (art. 36 del dlgs 117/2017). È pertanto possibile qualificare l’istituto come rapporto di lavoro di altra natura?

Se questa lettura potrebbe eventualmente essere adottata oggi, altrettanto non si può dire con l’entrata in vigore della parte lavoristica della riforma dell’ordinamento sportivo.

Il decreto legislativo 36/2021 qualifica infatti l’istituto, denominandolo prestazione sportiva amatoriale, come “attività istituzionali di amatori che mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente con finalità amatoriali”, prevendo poi che le attività non possono essere “retribuite in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Per tali prestazioni sportive amatoriali possono essere riconosciuti premi e compensi occasionali in relazione ai risultati ottenuti nelle competizioni sportive, nonché indennità di trasferta e rimborsi spese, anche forfettari”.

La circostanza che il nuovo “compenso sportivo” sia ricondotto nell’ambito dell’attività di volontariato pare renderlo incompatibile per i sodalizi sportivi che assumono la qualifica di ente del Terzo settore (Ets) atteso che il Codice esclude che l’attività di volontariato possa essere in qualsiasi forma retribuita, neppure attraverso rimborsi spesa forfettari.

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