Imprese sociali, ecco i criteri per calcolare i ricavi

Pubblicato il decreto ministeriale che stabilisce come misurare correttamente il “peso” delle attività di interesse generale rispetto a quelle complessive e mantenere il rapporto minimo del 70 per cento. Escluse le cooperative sociali e i loro consorzi

Si aggiunge un nuovo tassello al completamento della riforma del Terzo settore. Per le imprese sociali, infatti, sono finalmente definiti i criteri per il computo dei ricavi derivanti dalle attività d’impresa di interesse generale con la pubblicazione di uno dei 12 atti previsti dal decreto legislativo 112 del 2017. Si tratta del decreto emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico del 22 giugno 2021 e pubblicato in Gazzetta ufficiale il 25 agosto 2021. Rimangono escluse dalle indicazioni previste dal provvedimento le cooperative sociali e i loro consorzi, che continuano a fare riferimento alla legge 381 del 1991.

Il provvedimento si riferisce ai criteri da adottare per stabilire il rapporto di minimo il 70 per cento tra i ricavi derivanti dall’attività di impresa relativa alle attività di interesse generale e quelli complessivi dell’impresa sociale.

Le prescrizioni entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio dell’esercizio finanziario successivo a quello in corso alla data della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Come stabilire le attività di interesse generale: i criteri del computo

Per calcolare la percentuale del 70 per cento si considerano al numeratore del rapporto esclusivamente i ricavi direttamente generati dal complesso delle attività d’impresa di interesse generale per ciascun esercizio.

Si escludono da questo computo (sia al numeratore che al denominatore) i ricavi relativi a:

  • proventi da rendite finanziarie e immobiliari;
  • plusvalenze di tipo finanziario o patrimoniale;
  • sopravvenienze attive;
  • contratti o convenzioni con società o enti controllati dall’impresa sociale o controllanti la medesima.

Potrebbe, però, non essere così semplice identificare quali siano i ricavi chiaramente attribuibili alle attività d’impresa di interesse generale rispetto a quelli relativi alle attività diverse. In questo caso, il Ministero stabilisce di “attribuire gli importi in base alla media annua del numero di lavoratori impiegati in ciascuna delle due categorie di attività, calcolati per teste”.

Cosa succede nel caso in cui non venga rispettato la soglia del 70 per cento?

È l’organo di amministrazione della stessa impresa sociale a documentare il carattere principale dell’attività d’impresa di interesse generale nel bilancio sociale. Nel caso in cui non venga raggiunta la percentuale minima del 70 per cento, l’impresa sociale dopo 30 giorni dalla data di approvazione del bilancio invia un’apposita segnalazione al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali.

Se l’impresa sociale aderisce ad enti associativi riconosciuti con almeno mille imprese sociali iscritte nel registro delle imprese di almeno cinque diverse regioni o province autonome o ad associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza, tutela e revisione del movimento cooperativo, la comunicazione sarà inviata anche a queste organizzazioni. Per svolgere attività ispettiva nei confronti delle imprese sociali, inoltre, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali può usufruire proprio delle associazioni di rete e di quelle di rappresentanza del mondo cooperativo appena citate.

Lo stesso meccanismo di comunicazione viene applicato anche alle imprese sociali costituite in forma di cooperativa (diverse dalle cooperative sociali e loro consorzi). Nel caso in cui abbiano sede nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano, la segnalazione deve essere inoltrata ai relativi uffici territorialmente competenti.

Se non viene raggiunta la soglia minima del 70 per cento, l’impresa sociale deve rispettare, nell’esercizio successivo, un rapporto tra i ricavi delle attività d’impresa di interesse generale e quelli complessivi superiori al 70 per cento, incrementato della misura almeno pari alla percentuale non raggiunta nell’esercizio precedente.

Nel caso in cui l’impresa sociale che non sia costituita in forma di cooperativa non rispetti le indicazioni previste dal decreto e non compensi l’anno precedente con una percentuale superiore al 70 per cento nella misura dovuta, perde la qualifica di impresa sociale ed è costretta alla devoluzione del patrimonio residuo.

Per quanto riguarda, invece, le imprese sociali costituite in forma cooperativa (diverse dalle cooperative sociali e loro consorzi), la perdita della qualifica di impresa sociale non comporta l’obbligo di devoluzione del patrimonio, proprio in virtù dell’assoggettamento al regime proprio delle società cooperative.

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