“Più tempo per adeguare gli statuti e certezze fiscali”: le proposte di Auser sulla riforma del Terzo settore

Strumenti unici per tutti, formazione e accompagnamento. Domenico Pantaleo, presidente di Auser racconta come la rete nazionale si sia riorganizzata per adeguarsi alla normativa ed esprime i suoi dubbi sull’attuale impianto fiscale e sulle tempistiche relative al registro unico nazionale del Terzo settore

La riforma del Terzo settore chiede agli enti un salto di qualità, al quale l’Auser, l’associazione per l’invecchiamento attivo non ha voluto sottrarsi. Lo spiega in un’intervista il suo presidente Domenico Pantaleo, ricordando l’invito della normativa a una maggiore attenzione alle progettualità nuove e alla cooperazione per costruire reti con altri soggetti.

Per adeguarsi al meglio alla richiesta di trasparenza e accountability prevista dalla riforma, la rete nazionale ha attivato da tempo una serie di strumenti e metodologie, da un unico applicativo per definire bilanci omogenei a tanta formazione per i presidenti dei circoli più piccoli, soprattutto quelli più anziani.

Sulla fiscalità, la preoccupazione è quella che l’attuale impianto non tenga conto di cosa realmente siano il Terzo settore, il volontariato e l’associazionismo, difficilmente inquadrabili nella differenza commerciale-non commerciale. Il rischio di questo vuoto su un tema tanto cruciale, è che la riforma venga interpretata come una pratica burocratica e che le piccole associazioni scelgano di restarne fuori.

E sul registro unico nazionale del Terzo settore, Pantaleo auspica un intervento ministeriale sui tempi e l’apertura di una nuova finestra per le modifiche statutarie con assemblea ordinaria oltre il 31 maggio 2022.

In che modo la riforma del Terzo settore ha influenzato il lavoro della sua organizzazione? Quanto è corrispondente la definizione di ente del Terzo settore alla sua realtà?

La riforma chiama le organizzazioni del Terzo settore a un salto di qualità. È necessario passare da una fase di frammentazione degli enti, anche nel rapporto con le pubbliche amministrazioni, a una fase che prevede regole e modalità come quelle della co-programmazione e della co-progettazione. Tutto questo spinge l’Auser, che è una grande rete nazionale, a delineare ambiti e caratteri dentro quella riforma. Noi vogliamo affermare ciò che siamo: un’associazione di promozione sociale e di volontariato che garantisce alle persone tanti servizi a fronte anche delle carenze delle pubbliche amministrazioni. Inoltre ci sono le azioni solidali, basti solo pensare, durante la pandemia, alla nostra vicinanza alle persone più fragili. Dunque, non rinunciamo alla nostra funzione solidaristica fatta di tanti volontari e volontarie. Questa riforma chiede anche a noi un salto di qualità, dobbiamo essere più attenti alla progettualità e alla cooperazione per costruire reti con altri soggetti. Poi serve un maggiore radicamento sul territorio per mettere al centro comunità e persone nelle nostre azioni strategiche.

Il codice del Terzo settore introduce un elenco specifico di attività di interesse generale. Quali sono i confini dell’attività che svolge il suo ente e che impatto ha avuto su questo la nuova definizione legislativa?

Qui la questione diventa più complessa. L’Auser è un’organizzazione che attraverso i propri circoli svolge una serie di attività spesso non riconducibili a una certa omogeneità perché si tiene sempre conto dei bisogni e degli aspetti socio-economici dei territori. Siamo quindi un’organizzazione che svolge attività diversificate e portarle a canalizzarle in una maniera più omogenea non è semplice. Inoltre le normative che si stanno definendo attraverso circolari e direttive non chiariscono e non tengono conto di questo aspetto. Attività di interesse generale è una declinazione complicata per un’associazione come l’Auser. Abbiamo all’interno 3 reti: quella della cultura che spazia dall’apprendimento permanente all’università popolare, poi abbiamo il volontariato civico e il Filo d’Argento che è l’attività più strategica. Quindi abbiamo una certa difficoltà a individuare un’attività definita rispetto a quelle che sono più articolate per rispondere ai bisogni delle persone e del territorio. Stiamo lavorando alla definizione degli statuti tenendo conto delle normative.

La riforma chiede agli enti maggiore trasparenza, una grande attenzione alla accountability e alla rendicontazione sociale. Quali sono le azioni messe in campo dalla sua organizzazione in questo senso?

Noi ci siamo attrezzati ormai da molti anni. Questo aspetto è importante ma non bisogna appesantirlo con troppa burocrazia e rigidità amministrativa, ritengo però che sono normative che consentono la massima trasparenza. Al nostro interno ci siamo dotati di un applicativo unico che ci permette di definire bilanci omogenei su tutto il territorio e siamo provvisti di un’articolazione organizzativa fatta di livelli nazionali e territoriali. Abbiamo ridefinito la compilazione dei bilanci in maniera tale da essere coerenti con le regole della riforma. Poi c’è un meticoloso controllo che spetta proprio alle reti nazionali sulle procedure amministrative e contabili. Ci eravamo attrezzati da tempo, già prima che la riforma ci richiedesse questi meccanismi. L’applicativo interno adegua l’associazione e l’unica difficoltà che riscontriamo è relativa ad alcuni circoli e alla necessità di formare maggiormente le competenze dei loro presidenti, specialmente quelli più anziani. Non vogliamo infatti demandare a professionalità esterne e dobbiamo trovare le modalità per supportarli nel migliore dei modi.

Che impatto ha avuto la riforma del Terzo settore sull’impianto organizzativo e sulla gestione della governance del suo ente?

Siamo in una fase di trasformazione. Stiamo costituendo la rete nazionale. L’articolazione organizzativa è la seguente: la rete è composta da coordinamento, autocontrollo e formazione; abbiamo due associazioni nazionali (una associazione di promozione sociale Aps e una organizzazione di volontariato Odv) e tre reti funzionali (Auser cultura, volontariato civico e Filo d’Argento); infine c’è la struttura organizzativa con nazionale, regionale e circoli affiliati sia come Odv che come Aps. Il nostro obiettivo è quello di una maggiore interdipendenza dei vari livelli organizzativi perché per utilizzare le opportunità e le regole della riforma è necessaria di una maggiore collaborazione tra i vari livelli. Stiamo rivolgendo una maggiore attenzione verso i livelli territoriali e i circoli che svolgono le attività sul campo. La nostra implementazione mira a tanti obiettivi come quello di migliorare la funzionalità dei livelli organizzativi. Rispetto al passato poi dobbiamo utilizzare la formazione che viene richiesta ai nostri soci e abbiamo una commissione a livello nazionale su questo aspetto perché riteniamo che sarà un livello determinante per cogliere le opportunità della co-progettazione e co-programmazione.

L’impianto fiscale è ancora un grande punto interrogativo. Che conseguenze ha nella vostra organizzazione questo stato di incertezza?

C’è tanta incertezza. Siamo un’organizzazione che agisce su numerose iniziative di interesse generale e quindi questa incertezza, come la vicenda dell’Iva, che va collocata in una riforma fiscale organica, non ci aiutano. Quello che diventa difficile rispetto all’impianto fiscale è che non tiene conto di cosa sono il Terzo settore, il volontariato e l’associazionismo che non si possono inquadrare esclusivamente nella differenza commerciale-non commerciale. Si assiste spesso a contraddizioni oltre che ad evidenti ritardi. Il Forum Nazionale del Terzo Settore ha elaborato una sua proposta, nonostante questo si fa grande fatica a realizzare la norma fiscale. Bisogna riflettere sul fatto che se questo dispositivo non viene completato rapidamente si potranno sviluppare reazioni fortemente critiche a questa riforma, tenendo conto che nel frattempo sono arrivate una pandemia e una guerra e che siamo dentro una crisi sociale drammatica a cui il Terzo settore è chiamato a dare il suo contributo. Se la norma fiscale non si approva rapidamente c’è il rischio che un pezzo di associazionismo venga interpretato come una pratica burocratica. Infine dobbiamo evitare il pericolo che le piccole associazioni restino fuori dalla riforma che rischia così di non raggiungere l’obiettivo che si è posta in tal senso.

Il registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) è operativo. Come vi siete preparati a questo passaggio?

Anche qui si sta procedendo in maniera un po’ incerta. Sappiamo che per il meccanismo di passaggio al Runts uno degli adempimenti è quello di notificare l’eventuale necessità di modifiche statutarie. Ad oggi le norme prevedono che sia possibile procedere a tali modifiche entro il 31 maggio, con semplice assemblea ordinaria, in seguito l’assemblea dovrà essere straordinaria. Ci sono poi situazioni in molte regioni, come ad esempio in Lombardia, in cui non è stato ancora comunicato quali sono le notifiche di variazione statutaria. Anche se si stanno facendo passi in avanti per omogenizzare le richieste di modifica, stiamo avendo difficoltà legate a procedure bizantine che possono produrre incertezza. Stiamo comunque resistendo bene in questa fase importante ma un intervento del Ministero del Lavoro sui tempi risulta fondamentale, anche se i ritardi riguardano le Regioni, ognuna con le sue procedure. In alternativa sarà un problema rilevante per chi, come noi che siamo radicati sul territorio, dovrà ritrovarsi a fare assemblee straordinarie a luglio e agosto per le modifiche statutarie. Riteniamo quindi opportuno che venga aperta una nuova finestra per le modifiche statutarie con assemblea ordinaria che vada oltre il 31 maggio per evitare che arrivino richieste di modifiche da parte di alcune Regioni dopo tale termine, generando ulteriori difficoltà agli enti.

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