Per comprendere meglio il dibattito intorno al regionalismo differenziato, un approfondimento in due parti sulla definizione dei Leps e sulle sue ripercussioni sui diritti dei cittadini e sulla spesa pubblica
Articolo di approfondimento pubblicato su Welforum.it il 15 novembre 2023
L'articolo si compone di due parti: qui il link alla seconda parte.
Il dibattito sul regionalismo differenziato è giunto a uno dei passaggi fondamentali che, come è noto, riguarda la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) nelle materie oggetto di ulteriore ripartizione dei poteri e delle competenze tra Stato e Regioni. Si tratta di un confronto estremamente complesso che coinvolge il concetto stesso dei Lep, stretti tra l’esigenza di garantire la realizzazione uniforme delle funzioni fondamentali a cui si riferiscono e l’allocazione efficiente e sostenibile della spesa pubblica. Nelle materie sociali e sanitarie, tuttavia, la vera questione che sta alla base dei Leps e dei Lea riguarda il loro legame con i “diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. In queste materie, rendere esigibili i diritti soggettivi legati alla salute, alla cura, alla tutela e all’assistenza, implica necessariamente la costruzione di un rapporto esplicito tra i Lep e i bisogni espressi dalla popolazione in modo da dimensionare nel concreto i contenuti operativi in cui si concretizzano i Livelli essenziali.
Per queste ragioni, mentre si sviluppa il confronto sul regionalismo differenziato che probabilmente sarà ancora lungo e articolato, appare opportuno focalizzare bene i contenuti e i meccanismi specifici dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali (Leps).
Dopo la riattivazione dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali prodotta dalla legge delega 33/2017 e dal decreto legislativo 147/2017, un successivo impulso alla loro costruzione è scaturito durante il periodo della pandemia Covid e prosegue con l’attuazione delle riforme previste dalla Missione M5C2 del Pnrr; per giungere al confronto insito nel percorso del regionalismo differenziato. Le azioni in atto prevedono dunque la programmazione operativa di molte misure già normate in questi anni come Leps, la disciplina di ulteriori misure definite in ambito sociale, il riordino complessivo della materia generale dei Livelli essenziali delle prestazioni nell’ambito di una ulteriore ripartizione dei poteri tra Stato e Regioni.
In questo quadro di così intensa evoluzione potrebbe essere utile tentare di ricostruire una geografia dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali: una sorta di cartina geografica che individua i “punti miliari” del tema senza approfondirli troppo, ma che permette di disegnare qualche tragitto in grado di collegarli tra loro. Al momento è forse più importante riuscire a ricomporre una vista panoramica e completa per tentare di comprendere lo sviluppo complessivo della materia, lasciando le analisi verticali sui singoli Leps a quando la normativa si sarà riassestata. Sono soprattutto le correlazioni interne tra i “punti miliari” della mappa geografica i veri elementi che meritano attenzione, perché in questo momento il sistema complessivo dei Livelli essenziali (non solo sociali) non è affatto ordinato, completo e coerente.
In questo scritto si ripercorrono temi già noti, e si ricompongono materiali già espressi in altre occasioni (vedi gli articoli pubblicati su Welforum.it), per tentare una sorta di ricapitolazione ricostruttiva con lo scopo di mettere in evidenza qualche gruppo di punti miliari utili alla geografia dei Leps.
Come già anticipato, i Livelli essenziali fanno riferimento all’articolo 117, lettera m, della Costituzione: “Lo Stato ha legislazione esclusiva nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Nel caso specifico i Leps si riferiscono alla funzione fondamentale di assistenza sociale di cui individuano quei contenuti che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale perché legati ai diritti all’assistenza e alla tutela dei cittadini. Oltre alla essenzialità, è possibile individuare altri requisiti di base dei Leps come l’adeguatezza (appropriatezza) e la tempestività, l’uniformità e l’omogeneità, l’efficienza e l’efficacia. Dal punto di vista delle funzioni pubbliche si potrebbe pensare che i Lep individuino una sorta di “parte aurea” della funzione fondamentale a cui si riferiscono, i cui contenuti realizzativi sono necessari ed essenziali per perseguire nel concreto i diritti sociali e, di conseguenza, devono essere garantiti in modo uniforme e omogeneo su tutto il territorio nazionale.
Nel caso dell’assistenza sociale, cercando di ricostruire i passaggi che hanno avuto a che fare con l’individuazione di questa parte aurea della funzione fondamentale, emergono di fatto due grandi radici dei Leps.
La prima radice è universalmente nota, si tratta dei cosiddetti Livelli essenziali di assistenza sociale (LivEAS) definiti all’articolo 22 della legge 328/2000. Il comma 2 individua nove categorie/aree assistenziali di interventi e il comma 4 prevede che siano comunque erogate cinque classi di prestazioni:
Nella classica interpretazione che prese corpo durante gli anni duemila, dall’incrocio tra le nove categorie/aree assistenziali e le cinque classi di prestazioni sarebbero dovuti scaturire i campi da occupare con la determinazione dei contenuti e dei finanziamenti dei LivEAS, costruendo così la forte e omogenea struttura di base del “Sistema integrato di interventi e servizi sociali”.
Come tutti sappiamo, le cose non andarono in questa direzione: rispetto alle previsioni della legge 328 occorrerà aspettare altri 17 anni per trovare nuovamente una spinta realizzativa di livello statale. La legge delega 33/2017 e il successivo decreto legislativo 147/2017, che riportano come loro oggetto principale le misure di contrasto alla povertà, attuano anche una terza delega che riguarda esplicitamente “il rafforzamento del coordinamento degli interventi in materia di servizi sociali, al fine di garantire in tutto il territorio nazionale i livelli essenziali delle prestazioni, nell’ambito dei princìpi di cui alla legge 8 novembre 2000, n. 328”. Proprio in riferimento all’attuazione di questa terza delega riprende il processo di costruzione dei Piani nazionali con i relativi Fondi strutturali, e l’utilizzo di questi strumenti per la reale attivazione di misure classificate esplicitamente come Lep Sociali.
La seconda radice dei Leps è meno nota e fa riferimento al sistema dei cosiddetti “costi e fabbisogni standard” della legge 42/2009 “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione” e successivi nove decreti, che stabilisce in via esclusiva i principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Il nuovo assetto dei rapporti finanziari tra lo Stato e gli enti locali ricerca il superamento del sistema di finanza derivata e l’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa alle Regioni e agli enti locali, nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale. Nelle intenzioni del legislatore tale processo comporta il passaggio dal sistema dei trasferimenti fondato sulla spesa storica al sistema di attribuzione di risorse basate sull’individuazione dei fabbisogni standard, necessari a garantire il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Semplificando al massimo, nella sua ispirazione originaria il meccanismo appare abbastanza chiaro:
Per quanto riguarda il finanziamento delle funzioni fondamentali di competenza comunale, oltre ai tributi propri di quel livello di governo amministrativo, concorre anche un fondo nazionale di perequazione denominato ‘Fondo di solidarietà comunale’. La funzione fondamentale di assistenza sociale, durante la pandemia Covid, è stata oggetto di una specifica ripartizione del Fondo tramite la determinazione di obiettivi di servizio che agiscono su quote aggiuntive e perequative dei singoli bilanci comunali.
Siamo quindi in presenza di due radici molto differenti tra loro che chiamano con lo stesso termine, Livelli essenziali di assistenza sociale, degli ‘oggetti’ piuttosto diversi. Due radici che appartengono a visioni amministrative e operative piuttosto distinte: la costruzione del sistema integrato di interventi e servizi sociali da un lato; la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard per il federalismo fiscale dall’altro.
Se si ragiona con gli specialisti delle materie sociali, in realtà si parla dei LivEAS della 328 nella loro riedizione post 2017. Se si ragiona con gli specialisti delle funzioni pubbliche, in realtà si parla della quota del fondo di solidarietà definita dagli Obiettivi di servizio adottati durante il Covid (il fondo perequativo). In entrambi i casi, però, si pronuncia l’acronimo Leps.
Infine, c’è ancora un aspetto da evidenziare per riuscire a fissare i primi punti miliari della geografia dei Leps. I Leps della 328/2000 e del 147/2017 sono finanziati dai relativi Fondi nazionali, mentre gli Obiettivi di servizio della 42/2009 e del 216/2010 sono finanziati dal Fondo di solidarietà comunale. Nessuno di questi sistemi è stato ancora in grado di affrontare l’intero campo delle prerogative che articola verticalmente la funzione fondamentale sociale tra Stato, Regioni e Comuni. Per queste ragioni dal rapporto tra Leps e risorse resta ancora esclusa una porzione molto ampia dei bilanci ordinari che i singoli Comuni, e anche le singole Regioni, destinano alla materia. Si tratta di un bel limite, considerando che alla base dei livelli essenziali c’è l’esigibilità dei diritti da parte dei singoli cittadini e delle loro famiglie.
Il primo gruppo di punti miliari da segnare nella cartina geografica dei Leps è quindi costituita da due diversi ‘luoghi di origine’ di possibili tragitti futuri: la radice ‘LivEAS’ e la radice ‘Fabbisogni standard’.
Il dlgs 147/2017, Capo IV, innesca una sorta di “riforma inconsapevole” delle materie sociali riattivando alcuni istituti della legge 328/2000. Si tratta di una riforma inconsapevole o meglio, non concettualizzata, per la stragrande maggioranza della comunità specialistica coinvolta, non certo per l’architetto che ne ha generato il disegno agganciandolo a suo tempo al treno della lotta alla povertà (la terza delega della legge 33/2017).
Viene istituita la Rete per la protezione e l’inclusione sociale, un organismo permanente e paritetico di governance istituzionale composto da Ministeri, Regioni e Comuni che ha diverse competenze:
In riferimento ai tre Piani sono costituiti tre Fondi nazionali definiti come ‘strutturali’, perché seguono la programmazione triennale del bilancio dello Stato; ma soprattutto perché sono sempre di più legati all’attuazione dei Leps. Difatti i tre Piani nazionali sono ‘di natura triennale con eventuali aggiornamenti annuali, individuano lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse dei fondi cui si riferiscono nell’ottica di una progressione graduale, nei limiti delle risorse disponibili, nel raggiungimento di livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale’.
Siamo ormai giunti alla seconda tornata di Piani nazionali triennali, come nelle intenzioni del legislatore nel corso del loro sviluppo si è fatta sentire la spinta verso la definizione di Leps. Nel primo triennio con qualche timidezza ma nel secondo triennio con una esplicita scelta di campo, i tre Piani stanno spingendo molto in questa direzione guidati da una chiara consapevolezza di ciò che si vuole elaborare e programmare. Nel mezzo c’è stata la pandemia Covid, con tutto quello che ha rappresentato per il mondo dei servizi sociali oltre che per quelli sanitari.
È forse possibile riassumere la produzione scaturita dai Piani in tre grandi ‘famiglie di LEPs’, che al loro interno mostrano ovviamente vari livelli di consistenza e maturazione.
I Leps di erogazione. Si tratta della tipologia più classica e intuitiva, composta da prestazioni da realizzare e mettere a disposizione dei destinatari. In realtà siamo comunque di fronte a qualche elemento di complessità, perché le casistiche sono variegate e comprendono Leps riferiti a prestazioni semplici, interventi professionali, servizi, classi di servizi. Per fare alcuni esempi, è il caso rispettivamente dei singoli sostegni legati a suo tempo al Rei, della supervisione del personale dei servizi sociali, del servizio di pronto intervento sociale, dei servizi di assistenza domiciliare sociale e assistenza sociale integrata per le persone non autosufficienti; un differenziale di complessità che spazia appunto da prestazioni singole fino a classi intere di servizi.
I Leps di processo. Già nel 2017, alla rinascita della prospettiva di organizzazione dei sistemi sociali integrati, è emersa una seconda tipologia di Leps basata sulla unione tra catene di singole prestazioni e percorsi assistenziali dedicati. Il primo esempio è relativo al percorso di accesso e valutazione del Rei, di cui si definirono in legge come Livelli essenziali: il sistema dei punti di accesso, il percorso di presa in carico, la valutazione preliminare ed eventuale valutazione multidimensionale nei casi complessi. Impostazione poi riprodotta e consolidata nel ‘Patto per l’Inclusione Sociale’ del RdC. Un esempio più recente è recato dal Pnna 2022-2024 che definisce in modo esplicito un Leps di processo, ne individua i contenuti in cinque macro-fasi del percorso assistenziale per le persone non autosufficienti e affida la sua realizzazione a un accordo di collaborazione tra Ats e Distretti.
I Leps di organizzazione. Sempre in occasione della prima scrittura del dlgs 147/2017 è emersa anche la traccia di un possibile Leps riferito alle condizioni organizzative. Ai tempi del Rei l’articolo 23, comma 4 recitava: ‘L'offerta integrata di interventi e servizi secondo le modalità coordinate definite dalle Regioni e Province Autonome ai sensi del presente articolo, costituisce livello essenziale delle prestazioni nei limiti delle risorse disponibili’. Se possibile, si tratta di un passaggio ancora più avanzato e significativo dei precedenti perché il Leps tratta contemporaneamente sia contenuti trasversali a diversi settori (allora comparto sociale, sanitario e delle politiche per il lavoro), sia elementi programmatori di forte impatto che riguardano l’organizzazione degli Ambiti territoriali e delle gestioni associate. Impostazione a cui torna ad avvicinarsi in modo ancora più generale la legge 234/2021 quando al comma 160 sancisce ‘Al fine di garantire la programmazione, il coordinamento e la realizzazione dell'offerta integrata dei LEPS sul territorio […] i LEPS sono realizzati dagli Ambiti territoriali sociali (ATS) […] che costituiscono la sede necessaria nella quale programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi, i servizi e le attività utili al raggiungimento dei LEPS medesimi … ‘. Quasi a individuare dei precedenti elementi organizzativi essenziali e necessari, che poi permettono ai Leps di erogazione e di processo di trovare effettivamente le loro condizioni indispensabili di appropriatezza e tempestività, omogeneità e uniformità, efficacia ed efficienza.
Il secondo gruppo di punti miliari da segnare nella cartina geografica dei Leps è dunque fortemente legato alla visione LivEAS, ma immette degli elementi di innovazione e complessità rispetto all’articolo 22 della 328 con l’articolazione in Leps di erogazione, di processo e di organizzazione.
© Foto in copertina di Laura Fabbri, progetto FIAF-CSVnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano"
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