Assenza scopo di lucro

L’assenza di scopo di lucro è uno degli elementi qualificanti un ente del Terzo settore (Ets): il patrimonio degli enti del Terzo settore (Ets) è utilizzato per consentire lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

È vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili, avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo.

In caso di estinzione o scioglimento, il patrimonio residuo è devoluto, previo parere positivo dell’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore (Runts) territorialmente competente e salva diversa destinazione imposta dalla legge, ad altri enti del Terzo settore secondo le disposizioni statutarie o dell’organo sociale competente o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale.

CHI COINVOLGE

Il riferimento è a tutti gli enti del Terzo settore, incluse le imprese sociali, alle quali però è concessa una deroga per limitata distribuzione di utili.

OBBLIGHI E DIVIETI

Il codice del Terzo settore indica cinque fattispecie che danno luogo, al solo verificarsi, a distribuzione indiretta di utili, che sono:

  • il pagamento ad amministratori, sindaci (revisori o organo di controllo) e a tutte le cariche sociali di compensiindividuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei medesimi o analoghi settori e condizioni;
  • il pagamento a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi superiori del 40% rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai contratti collettivi di riferimento, salvo comprovate esigenze di acquisizione di specifiche competenze per lo svolgimento delle attività di interesse generale relative a “interventi e prestazioni sanitarie”, “formazione universitaria e post-universitaria” e “ricerca scientifica di particolare interesse”;
  • l’acquisto di beni o serviziper corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
  • la cessioni di beni e prestazioni di servizi a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti degli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, a chi effettua donazioni a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale;
  • la corresponsionea soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro punti al tasso annuo di riferimento (il limite dei quattro punti può essere aggiornato con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali).

Le fattispecie elencate non sembrano esaurire le ipotesi di distribuzione indiretta di utili, ben potendo le autorità vigilanti individuare ulteriori comportamenti non codificati che diano luogo ad una distribuzione indiretta di utili.

La legge predispone sanzioni pecuniarie da 5.000 a 20.000 euro in capo ai rappresentanti legali e ai componenti degli organi amministrativi dell’ente del Terzo settore che hanno commesso la violazione o che hanno concorso a commettere la violazione del divieto di distribuzione degli utili.

CASI SPECIFICI

IMPRESE SOCIALI

Le imprese sociali costituite in forma di società secondo le indicazioni del Libro V del codice civile (escluse, quindi, associazioni e fondazioni, che non possono, anche se qualificate come imprese sociali, distribuire in alcun modo utili) possono destinare eventuali utili ed avanzi di gestione a finalità diverse dallo svolgimento dell’attività statutaria o dall’incremento del patrimonio, secondo diverse modalità.

 

1) Rispetto agli altri Ets, le imprese sociali possono redistribuire gli utili entro certi limiti.

Per le imprese sociali in forma di società, questa limitata distribuzione degli utili può avvenire:

  • sotto forma di rivalutazione o aumento della quota versata dal socio, nei casi di aumento gratuito del capitaledisciplinati dalla legge. L’impresa sociale può quindi destinare ad aumento gratuito del capitale una quota inferiore al 50% degli utili e degli avanzi di gestione annuali (dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti, ad aumento gratuito del capitale sociale), nei limiti delle variazioni dell’indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati, calcolate dall’Istituto nazionale di statistica (Roi) per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale in cui gli utili e gli avanzi di gestione sono stati prodotti. In questo caso, il socio mantiene comunque il diritto al rimborso della quota in tal modo aumentata;
  • sotto forma di una limitata distribuzione di dividendi ai soci, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l’emissione di strumenti finanziari, che può avvenire in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.

 

Inoltre, le cooperative sociali possono ripartire ai soci i ristorni a condizione che le modalità e i criteri di ripartizione siano indicati nello statuto o atto costitutivo. È necessario inoltre che la ripartizione degli storni ai soci sia proporzionale alla quantità o alla qualità degli scambi mutualistici e che si registri un avanzo di gestione mutualistico.

 

2) A tutte le imprese sociali, indipendentemente dalla forma giuridica in cui sono costituite, è infine consentito destinare eventuali utili ed avanzi di gestione a finalità diverse dallo svolgimento dell’attività statutaria o dall’incremento del patrimonio. In particolare, esse possono destinare:

  • una quota inferiore al 50% degli utili e degli avanzi di gestione annuali (dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti) ad erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, che non siano fondatori, associati, soci dell’impresa sociale o società da questa controllate, finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale;
  • una quota non superiore al 3% degli utili netti annuali (al netto delle perdite maturate degli anni precedenti) ai fondi per la promozione o lo sviluppo delle imprese socialiistituiti dalla Fondazione Italia Sociale o da altri enti. Le cooperative sociali sono invece obbligate a tale destinazione.

Si ricorda, inoltre, che un’impresa sociale costituita in forma di società deve comunque destinare almeno il 50% dell’utile allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del patrimonio. Questa parte di utile non è sottoposta a tassazione.

COSA CAMBIA/COSA INTRODUCE

È introdotta la possibilità per le imprese sociali di redistribuire in parte gli utili.

NORMATIVA E ATTI DI RIFERIMENTO 

Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 “Codice del Terzo settore”: artt. 4 comma 1, 8, comma 2-3, 91 comma 1

Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 112 “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale”: artt. 3, 16

ENTRATA IN VIGORE

La normativa concernente gli Ets in generale è entrata in vigore il 3 agosto 2017, mentre quella sull’impresa sociale il 20 luglio 2017.

La scheda è aggiornata a luglio 2023.

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