Le novità introdotte quest'estate ai servizi strettamente connessi con la pratica sportiva aprono ad alcuni dubbi interpretativi. Alcune indicazioni per le associazioni su come comportarsi
Questa estate è stata inserita – in sede di conversione del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75 in vigore dal 17 agosto scorso – una nuova disciplina iva relativamente ai servizi strettamente connessi con la pratica sportiva contemplando l’esenzione iva dei servizi in luogo del regime fuori campo iva previsto dall’art. 4 del dpr Iva.
L’art. 36 bis del dl 75/2023 prevede in particolare che
1. Le prestazioni di servizi strettamente connessi con la pratica dello sport, compresi quelli didattici e formativi, rese nei confronti delle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica da parte di organismi senza fine di lucro, compresi gli enti sportivi dilettantistici di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, sono esenti dall'imposta sul valore aggiunto.
2. Le prestazioni dei servizi didattici e formativi di cui al comma 1, rese prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, si intendono comprese nell'ambito di applicazione dell'articolo 10, primo comma, numero 20), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Il secondo comma risponde ad esigenze di tutela in capo a sodalizi sportivi già soggetti ad accertamento fiscale con contestazione dell’applicazione del regime di esenzione iva. Di fatto si sostanzia in una norma di interpretazione autentica secondo cui le prestazioni didattiche sportive rese in passato da organismi senza fini di lucro sono esenti ai sensi dell’art. 10 del dpr iva nonostante tale possibilità sia stata negata sia dalla giurisprudenza comunitaria (C-449/17) che dall’Agenzia delle entrate (risposte 393/E/2022 e 162/2020).
Il primo comma invece prevede un regime di esenzione iva con riferimento a:
La disposizione ha lasciato gli operatori un po’ perplessi per i seguenti motivi:
a) Cosa prevede l’art. 5 del dl 146/2021?
La disposizione in commento riguarda tutti gli enti non commerciali e si differenzia rispetto all’art. 36 bis del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75 in quanto
- sono esenti da iva le prestazioni strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese esclusivamente da associazioni sportive dilettantistiche a soci e tesserati; non soci/tesserati e altre organizzazioni, in questo caso purché aderenti al medesimo organismo sportivo;
- le prestazioni di servizi sportivi realizzate da società sportive devono intendersi soggette ad iva, con applicazione dell’aliquota del 22%;
- in questo caso viene espressamente abrogato l’art. 4 del decreto iva (dpr 633/1972) che attualmente disciplina il regime di non assoggettamento ad iva ed introdotta l’esenzione all’interno dell’art. 10 del dpr iva delle prestazioni “strettamente connesse con la pratica dello sport o dell'educazione fisica rese da associazioni sportive dilettantistiche alle persone che esercitano lo sport o l'educazione fisica ovvero nei confronti di associazioni che svolgono le medesime attività e che per legge, regolamento o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, nonché dei rispettivi soci, associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali” a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'iva. Quest’ultimo aspetto – ossia la circostanza che l’esenzione iva sia subordinato alla circostanza che tale regime agevolato non determini “distorsioni della concorrenza” a danno degli operatori commerciali che svolgono le loro attività in regime iva, crea sicuramente allarme trattandosi di una valutazione aleatoria che implica che due organizzazioni identiche, ma operanti in contesti territoriali diversi, potrebbero essere in un caso esenti iva, nell’altro soggette. C’è inoltre da evidenziare che non è l’Unione Europea ad imporre l’adozione di questo vincolo, ben potendo limitarsi a chiedere che l’Asd non abbia per fine la ricerca sistematica del profitto, requisito che si ritiene possa essere assolto dal rispetto dell’art. 8 del dlgs 36/2021.
b) le carenze della disciplina introdotta con l’art. 36 bis del decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75.
L’unico requisito soggettivo richiesto ai fini del regime di esenzione è dato dalla natura non lucrativa dell’ente ma l’art. 133 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, prevede che “Gli Stati membri possono subordinare, caso per caso, la concessione, ad organismi diversi dagli enti di diritto pubblico, di ciascuna delle esenzioni previste all'articolo 132, paragrafo 1, lettere b), g), h), i), l), m) e n), all'osservanza di una o più delle seguenti condizioni:
Si ritiene pertanto necessario integrare la disposizione per renderla conforme alla normativa comunitaria. Questo non necessariamente si traduce nell’obbligo di subordinarne l’applicazione alla circostanza che non sia tale da provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all'iva, ben potendo potersi dire soddisfatta dalla circostanza che gli organismi in questione non devono avere per fine la ricerca sistematica del profitto, requisito contemplato dall’art. 8 del dlgs 36/2021.
c) L’art. 4 del dpr iva non viene modificato dall’art. 36 bis
In assenza dell’espressa modifica dell’art. 4 del dpr iva, molti operatori ritengono ancora applicabile il relativo regime di non assoggettamento ad iva per cui – in attesa degli auspicati chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate – non consigliano l’apertura della partita iva alle associazioni che oggi operano esclusivamente con codice fiscale e consigliano pertanto alla generalità dei contribuenti di continuare a fare ricorso all’art. 4 del dpr iva.
L’associazione che non si adegua alle novità introdotte è passibile della sanzione amministrativa pecuniaria connessa alla violazione degli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni esenti da 250 a 2.000 euro quando la violazione non rileva neppure ai fini della determinazione del reddito (ex art. 6 del dlgs 471/1997), oltre alla sanzione per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e irap, ancorché a zero.
Alcune associazioni sportive invece hanno provveduto all’apertura della partita iva optando per il regime di cui alla legge 398/1991 che garantisce semplificazioni ed esoneri negli adempimenti. Si evidenzia che con la circolare 18/2018 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che nel plafond massimo di 400.000 euro di introiti commerciali - che garantiscono la possibilità di accedere al regime di cui alla legge 398/1991 - non devono essere computati gli introiti non soggetti ad imposte dirette quali i corrispettivi specifici versati da associati e tesserati per fruire di servizi sportivi.
Le associazioni già titolari di partita iva in regime ex lege 398/1991 in alcuni casi hanno deciso di applicare il decreto legge 75/2023 e quindi di emettere – nei confronti sia di soci/tesserati che di terzi - ricevuta con l’indicazione “esente iva ex art. 10 dpr iva”, a meno che non sia richiesta l’emissione di fattura mentre le associazioni titolari di partita iva in regime non forfettario in alcuni casi hanno optato per l’immediata applicazione del dl 75/2023 con conseguente emissione – nei confronti sia di soci/tesserati che di terzi – di fattura o scontrino telematico parlante con la dicitura “esente iva ex art. 10 dpr iva”. Negli altri casi continuano a adottare i medesimi comportamenti del passato in attesa di indicazioni più chiare.
© Foto in copertina di Mario Vintari, progetto FIAF-CSVnet "Tanti per tutti. Viaggio nel volontariato italiano"